La tua mano imprime con ferma decisione, i tratti di una folta chioma su quel foglio bianco, vuoto e pieno di avara solitudine.
Sei pigra e mostri da sempre il tuo volto stanco. 
Sembri d’esser esausta, annoiata dalle solite frasi di una volta
 
“Di chi sa far questo si pensa d’aver il dono di Dio!" 
 
A gridarlo un uomo che t’ha vista in un altro sogno, che ti cerca dal fondo della stanza.
Quell’uomo vive di te, e la tua indifferenza lo soffochera poco a poco.
Sa bene di aver svegliato in te la voglia di abbandonarti a lui.
 
"Guardar non serve ne ai morti ne ai vivi!”
Continuava l’uomo ormai agonizzante.
 
Restar in silenzio per un attimo ed ascolta il debole suono delle sue parole, potrebbe esser la salvezza di una insignificante vita.
La speranza di vederlo credere in Dio, e di veder il suo desiderio ardere, fino a che l’ultimo raggio di sole non abbia più ragion d’esistere.

Si è visto mai che ci sta qualcuno che parlasse e non ci fosse un solo cretino che grida: “hai ragione!”. Non per vantarmi ma qua al giorno d’oggi ti danno un microfono e millelire e subito mi pare che a tredici anni sei stato al fronte. Non che io sappia scrivere di meglio, ma se tu continui a parlare peggio del tuo culo non mi chiedere di ascoltarti.

Mi dici che la parola è libera, ma la trasmissione è sua, e poi ci si mette la pubblicità e quell’altro che mi pare uno bravo, che magari sa pure il fatto suo. Non m’importa di che partito sei fatto, tanto sono tutti dello stesso. Il partito della millelire. Uno in fondo al corridoio l’ho sentito gridare: “avessema turnà a lira!”. Mi dispiace per mio padre che si sogna le marchette la notte e fa a botte col postino per non avere la bolletta da pagare…ma io il microfono non lo tengo e magari avessi pure la millelire.

Ho scelto te per passione, ho scelto te perché amavo il tempo, ho scelto te perché sapevi riconoscere i miei disagi. Hai scelto me perché non pensavi che ti scegliessi.

Capir con certezza che prima del tempo,
che creati da estranea entità, fossimo univoca materia.
Separati più, che allora, dall’ira di un dio che dell’invidia forgiava il suo carattere.
Restammo a vivere in due mondi divisi, coi pensieri a legare l’aria,
coi corpi ad alimentar menti diaboliche di voglie.
Solo ieri, a dare la sensazione d’averti vista,
so che eri con me da sempre, e mi parea viverti più d’allora.
Solo oggi a intrecciar i due lembi dal porpora colore,
la passione che della vita porta avanti i respiri,
a toccare col viso il nero che da dimora agli astri,
a mangiar con le dita le morbide nubi.
Sono te ora più di una volta, e sento l’eternità che non può lacerare il cuore di tutt’uno.

Sogno raramente, e penso ancora di meno. Mi pare scoprirti ma non vedo nient’altro che buio. Mi sembra toccarti ma soltanto nei ricordi più vaghi. Non ascolto te ma so che facendolo mi abbandonerà il cuore.

Ho ascoltato un uomo che soffriva per aver perduto l’unica cosa che si potesse chiamare donna. Ho ascoltato un uomo che a vederlo pareva l’avesse uccisa con le sue stesse mani. Ho ascoltato un uomo che piangeva per aver tradito l’unica vera vita che gli era rimasta. Ho ascoltato un uomo che quando lo vedevi non pareva di stare li con lui. Ho ascoltato lui e pareva di ascoltare me.

Sono fermo, con lo sguardo sospeso nel vuoto. Costringo gli occhi a guardare nel buio, a vedere immagini di uno spazio che non esiste. Osservo come passa il tempo, come gli alberi cambiano la loro forma, come le persone cambiano la loro residenza. La pioggia fuori si porta giù tutto quello che trova, come a lavare via i peccati di una società che continua a fare del male. Si sente in lontananza il rumore delle auto, che non si fermano. Flebile il miagolare della mia gatta, non la aprirà nessuno, e lei lo sa. Resto fermo con lo sguardo nel vuoto e credo che passerà dell’altro tempo ancora.

Vedo te e immagino la grazia,
vedo te e ascolto il canto degli uccelli,
vedo te e mi risveglio col sorriso,
soave e dolce melodia
che invade il mio cuore
che sorregge la mia anima.

A te che sei sempre stata in me.

Con la testa sul cuscino guardo il soffitto della mia mente. I suoni si ovattano e corrono coi pensieri. Mi ritrovo adagiato su di un prato, sento l’odore della terra umida, dell’erba. Osservo la notte avvolgermi e il respiro tuo mi fa compagnia.

Ti ho rivista e mi sei piaciuta. Ho ascoltato la tua voce. Parlavi dei tuoi genitori figli di un’altra terra, ma tu orgogliosa, italiana. Col nobile sorriso vai oltre le parole di un rozzo corteggiatore. Con gli occhi cerchi qualcosa che ti piace. Non riesco a capire cosa possa piacerti, ma sono sicuro che quello che cerchi lo hai visto da poco.

Custodisco con dolcezza le semplici parole di chi ha come dono la voce degli angeli. Tengo nascosto il segreto di una meravigliosa poesia. Odo le parole da lontano e mi pare vederle davanti ai miei occhi.

A te che mi hai calpestato l’anima.

Notte passata a pensare come potesse essere senza i troppi problemi. Notte trascorsa a contare le troppe pecore che saltano la staccionata. Notte da servo, fedele che ti fa da appoggio per un dolore che non passa. Non serve starsene su di un fianco, se gli occhi ti si chiudono e perché è notte già da tanto.

In profondità, nei tuoi occhi. Sguardo di chi non ama e non sa d’essere amata. Ti sto ascoltando in un canto che mi confonde e mi pervade. Sentimento arduo per te che vieni da lontano. Ti vedo distante e ti sogno. Piccolo lembo di una ragione, che s’abbandona alla passione, di una danza popolare.

A chi mi ha conosciuto per quello che sono…

Ascolto la fiaba sussurrata dalla mia musa. Mi pare di sognare, rannicchiato in una scatola bianca, nascosto nei cassetti dell’anima. Io piccolo segreto di una vita ingrata. Sbadiglio dolce di chi aspetta il domani con attesa, e incessante desio. Affido a te, notte infinita, il sonno di lei… creatura dei sensi.

Ascolto in te la voglia di non andare oltre. Respiri ciò che ti affascina e dimentichi chi ti osserva. Scopri solo alla fine che forse i pezzi della vita di un me, possono essere messi insieme per costruirti. Decidere di evitare non porta a niente, dare voce a ciò che sia ha dentro è la scelta. Possa lui scoprire cosa si nasconde dietro le mura di una città diroccata. Muro di pietra che vieni giu soltanto dopo un insignificante alito di vento. Credi di sapere cosa si prova. Forse resta nel tuo corpo, la sensazione che quello che fai non serve a niente. Apriti a chi ti osserva da lontano, ora.

Stai scappando da quello che non riesci a vedere.
Insegui chi ti ha sempre evitato.
Apparente l’orgogliosa vittoria.
Insignificante l’inutile sconfitta.
Insieme alle altre cose della terra,
ti ritrovi ad avere lo stesso aspetto.
Passo inosservato davanti ai tuoi occhi.
Le ombre sull’asfalto si deformano nelle increspature,
salendo sulle mura di una città ormai sul baratro.
Chiedo te, e non ho la voce.

Non ho la possibilità di andare avanti, e nemmeno la forza di restare fermo a guardare tutto quello che mi passa accanto. Vorrei poter avere la capacità di combattere chi ha la testardaggine di dominare. Vorrei seguire il cammino di chi ha come riferimento il dio. Ma resto qui a guardarmi intorno senza sapere dove andare.

Ripercorrere un sentiero abbandonato da tempo. Scoprir d’essere osservato da chi osserva in te lo spirito pallido dell’eterno tuo sorriso. Lembi di un sentimento tenuti insieme dall’agonia di chi vive lontano. Scopre in te il nettare della vita.

Combatti contro trappole nascoste dalla bellezza,
nascosto dal nome di nessuno ti sei difeso dall’imponete ira,
ora sei li ad un passo dalla tua terra,
bagnata da un mare infinito,
messaggero di battaglie e amori.

Alba, matrimonio di blu e ambra. Dalla terra verso il cielo ti levi solenne, per me, l’astro nascente che mi tiene in vita.

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