Se ti trovi per caso in una serata organizzata dai ragazzi dell’associazione ArteNova puoi sicuramente parlarne dopo con gli amici. In un contesto a me caro come quello del Casale di Teverolaccio, una serata con un’ottima musica. Una scoperta fantastica quella del progetto Rome in Reverse da ascoltare.

Una breve sequenza di immagini.

Donne X Africa – Vitulazio – 2 Luglio 2015

https://www.facebook.com/media/set/?set=a.10206104827852311.1073741846.1611145947&type=1&l=166ff5a84b

XMAS IN GOLD
Fotografie di scena realizzate per Donne x Africa…

Trani – Agosto 2011

Una presentazione a Caserta…

Sto facendo qualche scatto fra la folla e alle mie spalle s’avvicina Lei. Una piccola donna, niente auto ne guardie del corpo ad accompagnarla, dovrebbero esserci, perché è la protagonista. In punta di piedi si avvicina all’ingresso del teatro, lo fa come nella vita di chiunque la conosca; vi entra in silenzio e ci rimane per sempre. Alcuni suoi amici la fermano abbracciandola e dandogli baci, gli altri presenti all’ingresso si accorgono solo ora di Lei e cominciano a circondarla. Io sono nascosto fra tutti e la macchina fotografica mi copre il volto. Si apre uno squarcio fra la gente, quasi come a volersi creare un canale fra Lei e me. Il suo viso mi riempie l’inquadratura, si accorge di me e mi punta con lo sguardo. Non mi riconosce, decido di abbassare la macchina fotografica.
I nostri occhi ora si possono incontrare, senza l’interferenza delle lenti. Mi viene incontro, mi abbraccia e mi stringe la mano, me la stringe forte e i suoi occhi si riempiono di lacrime. In quell’istante c’è tutto un tempo, un passato molto lontano. Sono sempre stato grato alla sua sensibilità, al suo essere mamma e donna. Gli insegnamenti avuti da questa piccola guerriera che ora mi si presenta davanti, forte e fragile, mi hanno accompagnato per tutta una vita. L’unica cosa che riesco a dirle è: “Non potevo mancare.” Si, non potevo perdermi un momento così importante della sua vita, il passo che la renderà sempre più apprezzata dal mondo dei conoscitori e dei pensanti.

Un mare di riconoscenti la avvolge, faccio fatica a vederla fra le persone che cercano di accaparrarsi un suo saluto. Si porta a fatica nella sala gremita, al suo ingresso uno scroscio di mani la accoglie, come si fa per una vera star. Le dediche che lascia sono tante, i saluti infiniti e il palco per Lei sembra allontanarsi ad ogni passo sempre di più. Gli alunni di oggi la salutano e gli portano in dono una tela, ed io fotografo questi ragazzi dalla felicità alle stelle. Gli alunni di oggi fotografati da quelli del passato. Non so se domani gli stessi che le hanno donato quella tela, staranno lì a fotografare gli alunni del futuro.

Ricordo, impresso come uno scatto una aduna le parole che aprono il suo intervento:

“Vorrei ringraziarvi tutti, e fare una riflessione: capisco che qui ci siano i miei alunni che, in vista dei quadri nella prossima settimana sono sotto ricatto e devono presenziare…ma voi? Voi che la scuola non la fate più? Grazie!”

C’ero anch’io in quelle parole, è così. La scuola non la faccio più, ma la voglia di seguire colei che mi ha cambiato la vita mi rimane sempre.

Forse posso dire che un ricatto lo vivo ed è la paura di non riuscire più a vedere Lei, il vero aspetto della cultura, quella che attraverso il nero prorompente dell’inchiostro lascia il segno nella bianca palude dell’indifferenza.

Grazie Nadia.

OLTRE LA LINEA

THEATRE XPERIANCE | Rassegna di Teatro Contemporaneo e Danza
Plauto Teatro Studio, 6 Giugno 2014

Compagnia Excursus (Roma)
Progetto artistico Ricky Bonavita, Theodor Rawiler
Compagnia Akerusia Danza (Na)
direzione artistica Elena D’Aguanno

ROCK FESTIVAL
Donne per Africa

Come un riflesso

Come un riflesso fra i palazzi di vetro, mi pare di toccarti, ma poi scompari fra le fredde superfici.

berlino novembre 2009

Come da un’altra parte

Si viaggia di notte, la notte si guida meglio. Arrivo all’alba. Di la il sole sorge sul mare. La terra è rossa. Mi pare di stare da un’altra parte, mi pare di affacciarsi su un’altro continente. Gli ulivi fanno la differenza, solo loro riescono a stare qui. Credo che trent’anni fa ci stavano sempre loro, e qualcuno, forse pensava la stessa cosa. Qui la terra è rossa, come da un’altra parte.

Damiano

Mo’ c’è il fermo biologico. Si, noi pescatori stiamo fermi fino a ottobre. Stai fermo ma poi quando esci e pieno così. Ci stanno quelli che escono mo, però pagano diecimila euro di multa e la barca resta ferma quaggiù. Si fa poco e ti danno poco, lavori tanto e ti danno poco. Quando stiamo fermi ci danno cento euro al giorno. Il governo ci da i soldi. Ci arrangiamo, ma a ottobre poi ci sta pieno così. Dovete mangiare da Corrado, e di Napoli pure lui, si mangia bene li. Vi accompagno, mi chiamo Damiano, qua mi chiamano tutti Damiano.

Giovanna e Laura

Io mi chiamo Giovanna, e lei è Laura. Voi siete di Napoli, bel posto Napoli. Ho settantunanni e ho avuto due mariti, e li ho lasciati tutti e due pieni di corna. Si, io quando ero giovane avevo una testa, e mo’ che so vecchia ce l’ho uguale. La foto me la fai per ridere? Mi ricordo del calzolaio, quando morì stava pieno di foto, i cassetti erano pieni. La foto così, colì, che aggiustava la scarpa. E che te ne fai mo’ che stai sottoterra?! Campione le foto del campione, sta sottoterra il campione.

Maria

Ci sta Maria, Giangualano Maria, che si trascina, affaticata, il sacco con il pane vecchio. Io c’ho le galline…allora sono andata dalla pizzeria e mi ha detto, le devo buttare e te le do a te. Lo do alle galline che ce lo butto a fare! Mi chiamo Maria, Giangualano Maria.

Profumo di vino

Profumo di vino profumo del mare. Il vento mi sfiora il collo rosso dal troppo sole. Il bianco delle pietre che sorreggono l’intera terra mi abbagliano. Vedo una fontana, il vecchietto che si disseta. Vedo una seggiola, è quella di Damiano, il pescatore. Un uomo che ormai non ha più la forza di tirare le reti a se ma osserva da vicino tutti i movimenti di suo figlio.

Sala da Barba

Ripercorrere con la mente gli spazi di una volta. Ricordo ancora quella passeggiata, ricordo con chi stavo e di cosa si discuteva.

Tutto nella mia mente è rimasto a com’era, come quella insegna vecchia. Sala da Barba, il posto in cui ci si rilassa dopo una settimana di lavoro, o dove ci si può fare una chiacchierata fra amici. Vorrei poter tornare li, in quel posto incontaminato, con le stesse persone, ad osservare le persone di una volta.

Questa foto appartiene alle diverse foto “analogiche ” che ho conservato durante gli anni. Potrebbe essere la prima di una serie dedicate al mio passato su pellicola.

Io e te, loro due insieme

Quando sei innamorato, riesci a vedere delle cose che forse non vedresti mai. Io sono stato innamorato, forse lo sono stato troppo poco, ma sono stato innamorato. Anche lui lo era, in quel momento lo era forse più di me, o forse era innamorato quanto me. Ho visto come la abbracciava, e come ci giocava, con lei… si baciavano come la prima volta.
Li guardavo, li stavo guardando insieme a lei, io ero a pancia all’aria ed il suo ventre mi faceva da cuscino. Hai mai ascoltato il suo cuore, poggiando l’orecchio sul suo ventre?
Io lo facevo sempre, e forse poche volte.

Arrivederci Africa

Lasciare un posto sembra sempre una tragedia. E forse quello che faccio oggi lo sarà ancora di più. Qui ho ritrovato qualcosa che forse avevo smarrito già da tempo. Circondato dalla fame, dalla povertà più dura, dalla fede per un dio che fosse troppo lontano, mi pare di sentirmi comunque a casa.

Troppo poco il tempo per cominciare a vivere una vera avventura, troppo quello per guardare questa terra da turista. Non siamo rimasti tanto tempo qui, ma sembra di aver vissuto tutto in fretta e col massimo della passione. Vorrei poter avere più tempo da dedicare a questi bambini, vorrei avere del tempo per poter essere una spalla forte per Seve come lo è Baba. Credo che però anche dall’italia si possa fare molto per loro. Forse questo potrebbe essere l’impegno più grande e forse poche di quelle cose che ci siamo prefissati di fare arriveranno al termine. Per questi bambini è importante che ci sia qualcuno che li curi, e per quel qualcuno è importante che ci siano persone come noi che li sostengano. Guardo dal finestrino del pulmino sgangherato un villaggio che dorme ancora, penso alle lacrime di Severino e provo ad immaginare questo posto senza questo gruppo di “bianchi” in giro con la telecamera a dirigere il traffico oppure a spostare oggetti. Provo ad immaginare in posto lontano da qui ancora da scoprire e in un attimo ricordo la scena che vedevo dai vetri di questo stesso furgone quando siamo arrivati. Questi posti cambieranno poco in futuro e sono convinto che anche le persone facciano la stessa cosa.
Credo sia questa la salvezza del Senegal.

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