Mo’ c’è il fermo biologico. Si, noi pescatori stiamo fermi fino a ottobre. Stai fermo ma poi quando esci e pieno così. Ci stanno quelli che escono mo, però pagano diecimila euro di multa e la barca resta ferma quaggiù. Si fa poco e ti danno poco, lavori tanto e ti danno poco. Quando stiamo fermi ci danno cento euro al giorno. Il governo ci da i soldi. Ci arrangiamo, ma a ottobre poi ci sta pieno così. Dovete mangiare da Corrado, e di Napoli pure lui, si mangia bene li. Vi accompagno, mi chiamo Damiano, qua mi chiamano tutti Damiano.

Io mi chiamo Giovanna, e lei è Laura. Voi siete di Napoli, bel posto Napoli. Ho settantunanni e ho avuto due mariti, e li ho lasciati tutti e due pieni di corna. Si, io quando ero giovane avevo una testa, e mo’ che so vecchia ce l’ho uguale. La foto me la fai per ridere? Mi ricordo del calzolaio, quando morì stava pieno di foto, i cassetti erano pieni. La foto così, colì, che aggiustava la scarpa. E che te ne fai mo’ che stai sottoterra?! Campione le foto del campione, sta sottoterra il campione.

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Ci sta Maria, Giangualano Maria, che si trascina, affaticata, il sacco con il pane vecchio. Io c’ho le galline…allora sono andata dalla pizzeria e mi ha detto, le devo buttare e te le do a te. Lo do alle galline che ce lo butto a fare! Mi chiamo Maria, Giangualano Maria.

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Profumo di vino profumo del mare. Il vento mi sfiora il collo rosso dal troppo sole. Il bianco delle pietre che sorreggono l’intera terra mi abbagliano. Vedo una fontana, il vecchietto che si disseta. Vedo una seggiola, è quella di Damiano, il pescatore. Un uomo che ormai non ha più la forza di tirare le reti a se ma osserva da vicino tutti i movimenti di suo figlio.

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Non essere mai quello che sei. Non guardare mai negli occhi chi ti sta difronte. I tuoi occhi parlano, e spesso ti tradiscono. Non commettere l’errore di credere che tutto quello che dici possa essere preso per vero. Tu hai uno scudo, io no, almeno contro di te no. Non me lo hai mai detto. Non me ne hai dato il tempo. Non mi proteggo dalla cosa che più voglio, non mi proteggo da tutto quello che vivo. Proteggi te stesso e chi ti sta intorno, perché forse il male ci circonda, anche se non mi appartiene.

Una fotografia analogica, scattata nel lontano 2006, in Calabria

Ripercorrere con la mente gli spazi di una volta. Ricordo ancora quella passeggiata, ricordo con chi stavo e di cosa si discuteva.

Tutto nella mia mente è rimasto a com’era, come quella insegna vecchia. Sala da Barba, il posto in cui ci si rilassa dopo una settimana di lavoro, o dove ci si può fare una chiacchierata fra amici. Vorrei poter tornare li, in quel posto incontaminato, con le stesse persone, ad osservare le persone di una volta.

Questa foto appartiene alle diverse foto “analogiche ” che ho conservato durante gli anni. Potrebbe essere la prima di una serie dedicate al mio passato su pellicola.

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Una contrapposizione. Ti è mai capitato di vedere due cose uguali ma opposte? L’accostamento contrario di due oggetti o due persone troppo diversi e in tutto simili. Il bianco e il nero, diversi ma servono a definire uno spazio, una foto.

Tu sei così in questo caso.
Fragile ma vivo,
contro la pubblicità forte di qualcosa
che ormai risulta essere scontato…
vecchio.
Ero li pronto per scattare soltanto il colore nero,
e ad un tratto spunti tu,
il bianco.

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Berlino Museo Ebraico – 13 Novembre 2009

Memoria

In memoria di chi come te ha vissuto da uomo finendo così senza dignità.
Solo con altri soli.

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In profondità, nei tuoi occhi. Sguardo di chi non ama e non sa d’essere amata. Ti sto ascoltando in un canto che mi confonde e mi pervade. Sentimento arduo per te che vieni da lontano. Ti vedo distante e ti sogno. Piccolo lembo di una ragione, che s’abbandona alla passione, di una danza popolare.

Come una danza popolare dedicato a chi mi ha conosciuto per quello che sono…

Fa caldo da queste parti, e si mangia poco.
Mi rendo conto solo ora cosa significa patire le pene dell’inferno.
Le mosche sono fastidiose, forse di più delle zanzare. Fra i due mali…
Ti vedo stanco, piccolo, ma stanco. Non ti aspetti niente dalla vita, ma qualcosa cerchi.
Vedo che continui a vivere, che a sopravvivere ci pensa tuo fratello…

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Io e te, loro due insieme

Quando sei innamorato, riesci a vedere delle cose che forse non vedresti mai. Io sono stato innamorato, forse lo sono stato troppo poco, ma sono stato innamorato. Anche lui lo era, in quel momento lo era forse più di me, o forse era innamorato quanto me. Ho visto come la abbracciava, e come ci giocava, con lei… si baciavano come la prima volta.
Li guardavo, li stavo guardando insieme a lei, io ero a pancia all’aria ed il suo ventre mi faceva da cuscino. Hai mai ascoltato il suo cuore, poggiando l’orecchio sul suo ventre?
Io lo facevo sempre, e forse poche volte.

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Ascolto la fiaba sussurrata dalla mia musa.

Mi pare di sognare,

rannicchiato in una scatola bianca,

nascosto nei cassetti dell’anima.

Io piccolo segreto di una vita ingrata.

Sbadiglio dolce di chi aspetta il domani con attesa,

e incessante desio.

Affido a te,

notte infinita,

il sonno di lei…

creatura dei sensi.

Ascolto in te la voglia di non andare oltre.

Respiri ciò che ti affascina e dimentichi chi ti osserva.

Scopri solo alla fine che forse i pezzi della vita di un me, possono essere messi insieme per costruirti.

Decidere di evitare non porta a niente, dare voce a ciò che sia ha dentro è la scelta.

Possa lui scoprire cosa si nasconde dietro le mura di una città diroccata.

Muro di pietra che vieni giu soltanto dopo un insignificante alito di vento.

Credi di sapere cosa si prova.

Forse resta nel tuo corpo, la sensazione che quello che fai non serve a niente.

Apriti a chi ti osserva da lontano, ora.