Fotografia di strada di vittorio errico street photography vacanze italiane

Ho da sempre amato la fotografia, e uno dei miei primi approcci a questo mondo è stata proprio la street photography. Come molti, ho iniziato a mettere il naso fuori di casa e a inquadrare ciò che mi circondava.

La fotografia di strada è più di un genere fotografico; è un viaggio nell’anima dei posti vissuti dalle persone.
Ogni scatto è un’opportunità per raccontare una storia, per catturare la bellezza nascosta nei dettagli della vita quotidiana.

È una forma di esplorazione visiva che mi permette di osservare il mondo con occhi nuovi, di scoprire la poesia nel caos urbano. La spontaneità e l’autenticità delle immagini sono ciò che rendono questa pratica così speciale per me.

Inizio del Viaggio

Il mio viaggio nella street photography è iniziato con l’esplorazione di diverse città italiane, osservando luoghi già conosciuti con occhi nuovi. Dal 2004 al 2014, ho raccolto una serie di scatti in un catalogo intitolato “Vacanze Italiane”. Queste immagini catturano l’essenza di un decennio di esplorazioni urbane, e molte di esse puoi vederle qui.

Solo ora vedo il motivo di questi scatti, il perchè per dieci anni ho sempre trovato interessanti i turisti che invadono i luoghi di villeggiatura. Sono in tanti quelli che hanno la capacità si sentirsi a proprio agio, come se fossero a casa loro, presi dalla normale routine delle attività quotidiane – farsi il bagno, prendere il sole, passeggiare portando in giro il cane, prepararsi per la serata, ubriacarsi – La gente non ama riflettere troppo e quasi sempre si richiude in meccanismi automatici per rilassarsi, per non pensare. Si lasciano alle spalle un anno di lavoro, oppure un anno di biancheria sporca da lavare – Mi pare ancora più strano che io, su questa spiaggia alle otto di sera, rifletta su queste cose; ma questo è un altro racconto. (tratto da Vacanze Italiane)

Fotografia di strada: cosa e come?

Le mie foto spesso esplorano temi come la solitudine, l’interazione umana, e le contraddizioni della vita cittadina.
Cerco di catturare sia i momenti di caos che quelli di calma, offrendo una visione completa della vita urbana.
Le persone sono sempre al centro delle mie immagini. Uno degli aspetti più importanti è l’osservazione: passo molto tempo a esplorare le strade, osservando le persone.

Uno degli aspetti cruciali è l’abilità di osservare la vita cittadina con attenzione, aspettando il momento giusto per scattare. Questo richiede pazienza e una profonda comprensione dei ritmi urbani.
Ogni foto è il risultato di un’attenta osservazione e di una connessione empatica con il soggetto.Una sfida costante è quella di riuscire ad anticipare con il tempo il soggetto di una mia foto, prima ancora che compia un’azione.

Mi metto spesso nei panni di chi mi osserva e mi viene da sorridere: vedere questo matto che, attraversa la strada per rubarsi l’istante in cui la signora la attraversa dal lato opposto, deve essere strano e divertente da vedere.

La fotografia di strada è diventata una parte fondamentale del mio modo di esprimermi, offrendo una continua fonte di ispirazione e sfida. Ogni scatto è un’opportunità per raccontare una storia, per catturare l’essenza della vita di uno sconosciuto in tutta la sua complessità e bellezza, scritta nel suo volto. 

Spero tanto che la fotografia appassioni i giovani e che venga sempre studiata e vissuta da chi la percorre come faccio io ancora oggi.

Non importa lo strumento con il quale la fai ne il contenuto del racconto che vuoi riportare, quello che mi interessa è che una persona possa un occhio e con l’altro inquadrare il mondo. Un posto che arricchisce con le sue bellezze e contraddizioni estetiche.

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Guarda i video sul mio canale di un viaggio fatto con la macchina fotografica in spalla.

Un dettaglio de La fabbrica verde il processo creativo dietro ad un poster sostenibile

Negli ultimi anni, la necessità di creare prodotti che rispettino l’ambiente è diventata sempre più pressante.

La sostenibilità del nostro pianeta è a rischio, e ogni piccolo gesto può fare la differenza.

Con questa consapevolezza, ho creato “La Fabbrica Verde”, un poster che unisce disegno su carta e foglie vere, per esprimere il concetto di eco-sostenibilità dei prodotti.

Questo progetto nasce dalla convinzione che non basta sostituire la plastica con la carta per salvaguardare l’ambiente; è necessario ripensare l’intero ciclo di vita dei prodotti, dalle materie prime alla loro realizzazione e utilizzo.

Un dettaglio de La fabbrica verde il processo creativo dietro ad un poster sostenibile

Il processo creativo

Il processo creativo dietro “La Fabbrica Verde” è stato tanto artistico quanto riflessivo.
Ho iniziato con un disegno su carta, utilizzando un marker per delineare le forme e i dettagli.
Il passo successivo è stato raccogliere foglie vere, selezionate per la loro forma e consistenza.
Queste foglie sono state poi ritagliate e disegnate con un marker per integrarsi armoniosamente nel disegno principale.

L’esplorazione delle materie prime – il concetto di sostenibile

L’uso delle foglie vere non è stato solo una scelta estetica, ma un messaggio potente sulla fragilità della natura. Il giorno dopo la realizzazione del poster, le foglie hanno iniziato a seccarsi, trasformando l’aspetto dell’opera.

Questo cambiamento visivo serve a ricordare quanto sia delicata la natura e come noi, esseri umani, siamo solo di passaggio su questo pianeta.

L’opera diventa così una metafora della transitorietà della vita e dell’importanza di proteggere il nostro ambiente.

L’impatto visivo – il poster

Il poster, con il suo mix di elementi naturali e disegni su carta, cattura l’attenzione e invita alla riflessione. La combinazione di tecniche tradizionali e materiali naturali crea un effetto visivo unico, che comunica un messaggio di sostenibilità in modo immediato e potente.

“La Fabbrica Verde” è più di un semplice poster; è un simbolo del nostro impegno per un futuro più sostenibile. Attraverso l’arte, possiamo sensibilizzare e ispirare altri a prendere coscienza dell’importanza della natura e a fare scelte più eco-sostenibili.

Questa opera dimostra come l’arte possa essere un mezzo efficace per trasmettere messaggi importanti e promuovere cambiamenti positivi nella società.

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Quest’opera la trovi in un articolo che ho pubblicato sulla rivista Direzione Impresa Magazine che puoi leggere qui (pag.80).

Guarda altri progetti nel mio portfolio.

sacro e profano sant'elpidio in piazza a sant'arpino durante la festa padronale un paese contro tendenza tradizioni e ricordi testi e poesie di vittorio errico

In ogni comunità esistono da tempi remoti usanze antiche che spesso sembrano essere superflue ad alcuni osservatori poco attenti.


Il cortile di mia nonna, ad esempio, era un teatro di mille avventure, dove ho passato l’infanzia crescendo tra peripezie e serate con le persone che ho sempre amato. Quel posto magico e pieno di ricordi diventava il cuore della settimana della festa. Si sistemavano le piante nei vasi, si puliva e la domenica si banchettava a pranzo. Eravamo in tanti. Sono 5 i figli di mia nonna tutti con figli a carico e in un attimo, quel cortile diventava un ristorante degno delle migliori location per cerimonie che oggi vengono ricercate dagli sposi novelli.


Poi il pomeriggio si apriva il portone e tutte le sedie venivano disposte a semicerchio come in un anfiteatro. Al centro un tavolo con bevande fresche e succhi. E si aspettava.


Dal fondo della strada le prime note di un clarinetto, quello più acuto della banda e il battere costante della grancassa. 


Scorgevo da lontano le prime persone che si affollavano. I vigili in testa poi tutti gli uomini in tunica ed il parroco al centro. Era la processione! 


Nonna diceva: Sta arrivanne, pigliate a uantiera!

Un vassoio di argento che usava solo per porgere le tazzine di caffè e i biscotti agli ospiti, che in quel momento si riempiva di petali dei fiori di ortensia che crescevano nel cortile, e tutte le sue foglie larghe tagliuzzate a pezzettini come coriandoli. Il profumo di quel momento mi rimarrà sempre in mente insieme al ricordo delle grosse mani di mia nonna che sistemavano quei fiori come se ogni petalo avesse la sua importanza. 


La folla riempiva il fondo del vicolo, le persone si affacciavano dai balconi, la musica diventava sempre più alta. 


E appariva lui ‘O zingarone. La statua lignea del nostro Santo nero. Un vescovo emigrato in Italia perché perseguitato. Un uomo scappato dalla persecuzione di un tiranno e salvato per suo miracolo da un naufragio. 


Quella statua galleggiava sulla gente, alta e imponente. Ondeggiava sulla folla come su una barca. Sorretta da uomini vestiti di bianco. 


Stringevo la mano a mia nonna e guardavo con gli occhi increduli lo sguardo penetrante di quell’uomo che osservava dall’alto i suoi fedeli. 


Non sono mai stato credente, ma ho sempre rispettato la fede che aveva mia nonna è che ha tramandato a tutta la famiglia. Quell’istante era il momento che aspettavo ogni anno, l’attimo in cui quella statua si trovava davanti al nostro portone. 


Poi la musica si fermava. Due rintocchi di grancassa squarciavano le note. Un istante di silenzio e la voce di un uomo che guidava i portantini, solenne come un generale che guidava il suo esercito al solo comando della sua voce. 

Alt!

A quel primo segnale tutto si fermava, la voce guida del caposquadra che chiamava i comandi, forte e chiara, guidava ogni gesto e ogni respiro.

Stampelle!

I portantini in un’unica danza si muovevano, in sincronia, come un’anima sola.

Con maestria, poggiavano la pesante statua sui paletti, onorando una tradizione che scorre nelle vene del nostro paese.


Ma chi è il caposquadra, se non il custode di questa eredità? Prima di Giovanni, che oggi porta con grazia questo fardello, c’era Tonino D’Ambra, e prima ancora, Saverio Lettera, l’artefice di armonie tra forza fisica e devozione ma soprattutto papà di Giovanni, l’attuale custode di questa tradizione.


Un momento che sembrava eterno. Il vicolo era affollato e tutti puntavano lo sguardo a quell’uomo venuto dall’Africa. Un uomo segnato dal passato ma sereno e con lo sguardo fiero. 


In quell’attimo guardando gli occhi di mia nonna scoprivo lo sguardo di una donna altrettanto stanca ma con il cuore leggero. Tra le sue labbra, che si muovevano impercettibilmente sfiorandosi, si trovavano quelle parole illeggibili che solo il suo cuore conosceva. Forse una richiesta, forse il desiderio di vederci grandi e realizzati nei nostri obiettivi. Con gli occhi lucidi si faceva il segno della croce.  


Solo in quel momento mi lasciava la mano e con l’altra tenendo stretta la uantiera,  raccoglieva con delicatezza i petali di ortensia e li faceva volare sulla statua a pioggia. Un gesto semplice che ho visto mille volte nelle mura della sua piccola cucina. Un gesto che serviva a infarinare la pasta della pizza. Un gesto che nella sua quotidianità donava quella maestria che possedeva solo lei. 


Ora quei gesti, quei profumi e quelle sensazioni sono andate via insieme a lei. Restano scolpite nel mio cuore ma appartengono a ricordi ormai lontani. 

La Festa Patronale per Sant’Elpidio. Un evento che abbraccia il sacro e profano per molti.


Questo è quello che rivivo e scopro ogni anno in questo paese che si unisce in un unico abbraccio ogni terza domenica di luglio. Uno spettacolo che vivranno altri bambini come facevo io. Una delle tradizioni popolari che non dovrebbero mai smettere di esistere. 

Dietro a tutto questo ci sono donne e uomini che fanno sacrifici, che sudano e si rompono la schiena, non solo nei giorni della festa ma ogni domenica, sotto il sole e sotto la pioggia percorrono ogni vicolo del nostro paese per raccogliere qualche moneta, per regalare queste sensazioni e meravigliose serate fra canzoni, risate e vino. Per quel momento di leggerezza al sapore di zucchero a velo. Per quel frammento di canzone cantato a squarciagola.


Il sacro e profano!

C’è chi dà poca importanza a queste cose e le critica riducendole a momenti profani in un festeggiamento di sacralità. C’è chi rema contro a quella serata dove il cielo si illumina di colori lasciando tutti con il fiato sospeso ed il volto illuminato dai bagliori dei fuochi d’artificio. 


Io ci vedo soltanto l’incontro fra chi ama stare con gli altri e sentirsi parte di una famiglia allargata. Ci vedo la tradizione che non deve soccombere alle smancerie dell’epoca moderna. Ci vedo il futuro umano in un mondo lacerato dall’odio e dalle tendenze. 


Oggi è così. A fest do paese è contro tendenza.

A fest do Zingarone è contro tendenza.

È tutto quello che è contro tendenza mi piace!

Grazie a tutto quelli che contribuiscono alla Festa patronale di Sant’Elpidio Vescovo guarda altre foto nel mio portfolio