Da sempre nel mondo della fotografia. Sono fotografo dal 2004 anche se la prima foto l’ho sviluppata alle scuole medie.

Ho da sempre amato la fotografia, e uno dei miei primi approcci a questo mondo è stata proprio la street photography. Come molti, ho iniziato a mettere il naso fuori di casa e a inquadrare ciò che mi circondava.

La fotografia di strada è più di un genere fotografico; è un viaggio nell’anima dei posti vissuti dalle persone.
Ogni scatto è un’opportunità per raccontare una storia, per catturare la bellezza nascosta nei dettagli della vita quotidiana.

È una forma di esplorazione visiva che mi permette di osservare il mondo con occhi nuovi, di scoprire la poesia nel caos urbano. La spontaneità e l’autenticità delle immagini sono ciò che rendono questa pratica così speciale per me.

Inizio del Viaggio

Il mio viaggio nella street photography è iniziato con l’esplorazione di diverse città italiane, osservando luoghi già conosciuti con occhi nuovi. Dal 2004 al 2014, ho raccolto una serie di scatti in un catalogo intitolato “Vacanze Italiane”. Queste immagini catturano l’essenza di un decennio di esplorazioni urbane, e molte di esse puoi vederle qui.

Solo ora vedo il motivo di questi scatti, il perchè per dieci anni ho sempre trovato interessanti i turisti che invadono i luoghi di villeggiatura. Sono in tanti quelli che hanno la capacità si sentirsi a proprio agio, come se fossero a casa loro, presi dalla normale routine delle attività quotidiane – farsi il bagno, prendere il sole, passeggiare portando in giro il cane, prepararsi per la serata, ubriacarsi – La gente non ama riflettere troppo e quasi sempre si richiude in meccanismi automatici per rilassarsi, per non pensare. Si lasciano alle spalle un anno di lavoro, oppure un anno di biancheria sporca da lavare – Mi pare ancora più strano che io, su questa spiaggia alle otto di sera, rifletta su queste cose; ma questo è un altro racconto. (tratto da Vacanze Italiane)

Fotografia di strada: cosa e come?

Le mie foto spesso esplorano temi come la solitudine, l’interazione umana, e le contraddizioni della vita cittadina.
Cerco di catturare sia i momenti di caos che quelli di calma, offrendo una visione completa della vita urbana.
Le persone sono sempre al centro delle mie immagini. Uno degli aspetti più importanti è l’osservazione: passo molto tempo a esplorare le strade, osservando le persone.

Uno degli aspetti cruciali è l’abilità di osservare la vita cittadina con attenzione, aspettando il momento giusto per scattare. Questo richiede pazienza e una profonda comprensione dei ritmi urbani.
Ogni foto è il risultato di un’attenta osservazione e di una connessione empatica con il soggetto.Una sfida costante è quella di riuscire ad anticipare con il tempo il soggetto di una mia foto, prima ancora che compia un’azione.

Mi metto spesso nei panni di chi mi osserva e mi viene da sorridere: vedere questo matto che, attraversa la strada per rubarsi l’istante in cui la signora la attraversa dal lato opposto, deve essere strano e divertente da vedere.

La fotografia di strada è diventata una parte fondamentale del mio modo di esprimermi, offrendo una continua fonte di ispirazione e sfida. Ogni scatto è un’opportunità per raccontare una storia, per catturare l’essenza della vita di uno sconosciuto in tutta la sua complessità e bellezza, scritta nel suo volto. 

Spero tanto che la fotografia appassioni i giovani e che venga sempre studiata e vissuta da chi la percorre come faccio io ancora oggi.

Non importa lo strumento con il quale la fai ne il contenuto del racconto che vuoi riportare, quello che mi interessa è che una persona possa un occhio e con l’altro inquadrare il mondo. Un posto che arricchisce con le sue bellezze e contraddizioni estetiche.

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Guarda i video sul mio canale di un viaggio fatto con la macchina fotografica in spalla.

Se ti trovi per caso in una serata organizzata dai ragazzi dell’associazione ArteNova puoi sicuramente parlarne dopo con gli amici. In un contesto a me caro come quello del Casale di Teverolaccio, una serata con un’ottima musica. Una scoperta fantastica quella del progetto Rome in Reverse da ascoltare.

Una breve sequenza di immagini.

XMAS IN GOLD
Fotografie di scena realizzate per Donne x Africa…

A Nadia Verdile.


Caserta – Sto facendo qualche scatto fra la folla e alle mie spalle s’avvicina Lei. Una piccola donna, niente auto ne guardie del corpo ad accompagnarla, dovrebbero esserci, perché è la protagonista. In punta di piedi si avvicina all’ingresso del teatro, lo fa come nella vita di chiunque la conosca; vi entra in silenzio e ci rimane per sempre. Alcuni suoi amici la fermano abbracciandola e dandogli baci, gli altri presenti all’ingresso si accorgono solo ora di Lei e cominciano a circondarla. Io sono nascosto fra tutti e la macchina fotografica mi copre il volto. Si apre uno squarcio fra la gente, quasi come a volersi creare un canale fra Lei e me. Il suo viso mi riempie l’inquadratura, si accorge di me e mi punta con lo sguardo. Non mi riconosce, decido di abbassare la macchina fotografica.
I nostri occhi ora si possono incontrare, senza l’interferenza delle lenti. Mi viene incontro, mi abbraccia e mi stringe la mano, me la stringe forte e i suoi occhi si riempiono di lacrime. In quell’istante c’è tutto un tempo, un passato molto lontano. Sono sempre stato grato alla sua sensibilità, al suo essere mamma e donna. Gli insegnamenti avuti da questa piccola guerriera che ora mi si presenta davanti, forte e fragile, mi hanno accompagnato per tutta una vita. L’unica cosa che riesco a dirle è: “Non potevo mancare.” Si, non potevo perdermi un momento così importante della sua vita, il passo che la renderà sempre più apprezzata dal mondo dei conoscitori e dei pensanti.

Un mare di riconoscenti la avvolge, faccio fatica a vederla fra le persone che cercano di accaparrarsi un suo saluto.

Nadia… Nadia Verdile! Chiedono le persone.

Si porta a fatica nella sala gremita, al suo ingresso uno scroscio di mani la accoglie, come si fa per una vera star. Le dediche che lascia sono tante, i saluti infiniti, questo palco di Caserta per Lei sembra allontanarsi ad ogni passo sempre di più. Gli alunni di oggi la salutano e gli portano in dono una tela, ed io fotografo questi ragazzi dalla felicità alle stelle. Gli alunni di oggi fotografati da quelli del passato. Non so se domani gli stessi che le hanno donato quella tela, staranno lì a fotografare gli alunni del futuro.

Ricordo, impresso come uno scatto una aduna le parole che aprono il suo intervento:

“Vorrei ringraziarvi tutti, e fare una riflessione: capisco che qui ci siano i miei alunni che, in vista dei quadri nella prossima settimana sono sotto ricatto e devono presenziare…ma voi? Voi che la scuola non la fate più? Grazie!”

C’ero anch’io in quelle parole, è così. La scuola non la faccio più, ma la voglia di seguire colei che mi ha cambiato la vita mi rimane sempre.

Forse posso dire che un ricatto lo vivo ed è la paura di non riuscire più a vedere Lei, il vero aspetto della cultura, quella che attraverso il nero prorompente dell’inchiostro lascia il segno nella bianca palude dell’indifferenza.

Grazie Nadia.

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Alcuni link: I suoi librisu Nadia Verdile

Guarda altre foto sul mio portfolio.

ROCK FESTIVAL
Donne per Africa

Ieri sono stato a scattare delle fotografie al secondo degli eventi organizzato dai ragazzi dell’Associazione ArtiSticàMente.

Un evento che viene da un cliché già testato in passato, ma che però aveva perso un po’ di smalto. Nella serata di ieri, ho visto però, un particolare fermento, che mi ha riportato in dietro nel tempo a quando vivevo gli spazi della casa delle arti e che ricordo con una leggera malinconia.

I ragazzi di ArtiSticàMente sono riusciti a rendere viva la passione per l’associazionismo di tanti che conosco e in qualche modo hanno posato una pietra per una nuova era. Le facce che lavorano dietro ad un evento come”On-Art” sono tante, ed in ognuna di quella si vede la voglia di espressione e la capacità di organizzare e proporre. Tutto quello che ho visto ieri può essere solo il frutto di un gruppo affiatato che non ha paura di affrontare la fatica, i pregiudizi, e i signori della burocrazia. Un gruppo di lavoro che avrà un futuro solo se sarà considerato gruppo e non ci sarà spazio per un virus come l’individualismo.

Ne sono ancora pochi questi eventi e vorrei vederne tanti altri, perché il nostro territorio ne ha davvero bisogno e ne hanno bisogno i tanti ragazzi che, senza una passione e una strada da seguire, vagano per il paese inneggiando ideali che sono dettati da una ignoranza sempre più diffusa.

Posso solo ringraziare i ragazzi di ArtiSticàMente per la bella serata trascorsa e sperare che grazie a loro l’arte, la musica, e tutte le forme di espressione appartenenti alla nostra terra non possano finire nel baratro di una società sempre più sorda e cieca.

Guarda lefoto della serata. Altre immagini di alcuni eventi sul mio portfolio.

Una fotografia scattata a Berlino

Come un riflesso fra i palazzi di vetro, mi pare di toccarti, ma poi scompari fra le fredde superfici.

berlino novembre 2009

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Si viaggia di notte, la notte si guida meglio. Arrivo all’alba. Di la il sole sorge sul mare. La terra è rossa. Mi pare di stare da un’altra parte, mi pare di affacciarsi su un’altro continente. Gli ulivi fanno la differenza, solo loro riescono a stare qui. Credo che trent’anni fa ci stavano sempre loro, e qualcuno, forse pensava la stessa cosa. Qui la terra è rossa, come da un’altra parte.

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Mo’ c’è il fermo biologico. Si, noi pescatori stiamo fermi fino a ottobre. Stai fermo ma poi quando esci e pieno così. Ci stanno quelli che escono mo, però pagano diecimila euro di multa e la barca resta ferma quaggiù. Si fa poco e ti danno poco, lavori tanto e ti danno poco. Quando stiamo fermi ci danno cento euro al giorno. Il governo ci da i soldi. Ci arrangiamo, ma a ottobre poi ci sta pieno così. Dovete mangiare da Corrado, e di Napoli pure lui, si mangia bene li. Vi accompagno, mi chiamo Damiano, qua mi chiamano tutti Damiano.

Io mi chiamo Giovanna, e lei è Laura. Voi siete di Napoli, bel posto Napoli. Ho settantunanni e ho avuto due mariti, e li ho lasciati tutti e due pieni di corna. Si, io quando ero giovane avevo una testa, e mo’ che so vecchia ce l’ho uguale. La foto me la fai per ridere? Mi ricordo del calzolaio, quando morì stava pieno di foto, i cassetti erano pieni. La foto così, colì, che aggiustava la scarpa. E che te ne fai mo’ che stai sottoterra?! Campione le foto del campione, sta sottoterra il campione.

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Ci sta Maria, Giangualano Maria, che si trascina, affaticata, il sacco con il pane vecchio. Io c’ho le galline…allora sono andata dalla pizzeria e mi ha detto, le devo buttare e te le do a te. Lo do alle galline che ce lo butto a fare! Mi chiamo Maria, Giangualano Maria.

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Profumo di vino profumo del mare. Il vento mi sfiora il collo rosso dal troppo sole. Il bianco delle pietre che sorreggono l’intera terra mi abbagliano. Vedo una fontana, il vecchietto che si disseta. Vedo una seggiola, è quella di Damiano, il pescatore. Un uomo che ormai non ha più la forza di tirare le reti a se ma osserva da vicino tutti i movimenti di suo figlio.

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Una fotografia analogica, scattata nel lontano 2006, in Calabria

Ripercorrere con la mente gli spazi di una volta. Ricordo ancora quella passeggiata, ricordo con chi stavo e di cosa si discuteva.

Tutto nella mia mente è rimasto a com’era, come quella insegna vecchia. Sala da Barba, il posto in cui ci si rilassa dopo una settimana di lavoro, o dove ci si può fare una chiacchierata fra amici. Vorrei poter tornare li, in quel posto incontaminato, con le stesse persone, ad osservare le persone di una volta.

Questa foto appartiene alle diverse foto “analogiche ” che ho conservato durante gli anni. Potrebbe essere la prima di una serie dedicate al mio passato su pellicola.

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Una contrapposizione. Ti è mai capitato di vedere due cose uguali ma opposte? L’accostamento contrario di due oggetti o due persone troppo diversi e in tutto simili. Il bianco e il nero, diversi ma servono a definire uno spazio, una foto.

Tu sei così in questo caso.
Fragile ma vivo,
contro la pubblicità forte di qualcosa
che ormai risulta essere scontato…
vecchio.
Ero li pronto per scattare soltanto il colore nero,
e ad un tratto spunti tu,
il bianco.

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Berlino Museo Ebraico – 13 Novembre 2009

Memoria

In memoria di chi come te ha vissuto da uomo finendo così senza dignità.
Solo con altri soli.

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Fa caldo da queste parti, e si mangia poco.
Mi rendo conto solo ora cosa significa patire le pene dell’inferno.
Le mosche sono fastidiose, forse di più delle zanzare. Fra i due mali…
Ti vedo stanco, piccolo, ma stanco. Non ti aspetti niente dalla vita, ma qualcosa cerchi.
Vedo che continui a vivere, che a sopravvivere ci pensa tuo fratello…

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Io e te, loro due insieme

Quando sei innamorato, riesci a vedere delle cose che forse non vedresti mai. Io sono stato innamorato, forse lo sono stato troppo poco, ma sono stato innamorato. Anche lui lo era, in quel momento lo era forse più di me, o forse era innamorato quanto me. Ho visto come la abbracciava, e come ci giocava, con lei… si baciavano come la prima volta.
Li guardavo, li stavo guardando insieme a lei, io ero a pancia all’aria ed il suo ventre mi faceva da cuscino. Hai mai ascoltato il suo cuore, poggiando l’orecchio sul suo ventre?
Io lo facevo sempre, e forse poche volte.

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Lasciare un posto sembra sempre una tragedia.
E forse quello che faccio oggi lo sarà ancora di più.
Qui ho ritrovato qualcosa che forse avevo smarrito già da tempo. Circondato dalla fame, dalla povertà più dura, dalla fede per un dio che fosse troppo lontano, mi pare di sentirmi comunque a casa.

Troppo poco il tempo per cominciare a vivere una vera avventura, troppo quello per guardare questa terra da turista. Non siamo rimasti tanto tempo qui, ma sembra di aver vissuto tutto in fretta e col massimo della passione.

Vorrei poter avere più tempo da dedicare a questi bambini, vorrei avere del tempo per poter essere una spalla forte per Seve come lo è Baba. Credo che però anche dall’italia si possa fare molto per loro.

Forse questo potrebbe essere l’impegno più grande e forse poche di quelle cose che ci siamo prefissati di fare arriveranno al termine. Per questi bambini è importante che ci sia qualcuno che li curi, e per quel qualcuno è importante che ci siano persone come noi che li sostengano.

Guardo dal finestrino del pulmino sgangherato un villaggio che dorme ancora, penso alle lacrime di Severino e provo ad immaginare questo posto senza questo gruppo di “bianchi” in giro con la telecamera a dirigere il traffico oppure a spostare oggetti.

Provo ad immaginare in posto lontano da qui ancora da scoprire e in un attimo ricordo la scena che vedevo dai vetri di questo stesso furgone quando siamo arrivati.

Questi posti cambieranno poco in futuro e sono convinto che anche le persone facciano la stessa cosa.

Credo sia questa la salvezza del Senegal.

Guarda le foto nel mio portfolio.