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Una presentazione a Caserta…

Sto facendo qualche scatto fra la folla e alle mie spalle s’avvicina Lei. Una piccola donna, niente auto ne guardie del corpo ad accompagnarla, dovrebbero esserci, perché è la protagonista. In punta di piedi si avvicina all’ingresso del teatro, lo fa come nella vita di chiunque la conosca; vi entra in silenzio e ci rimane per sempre. Alcuni suoi amici la fermano abbracciandola e dandogli baci, gli altri presenti all’ingresso si accorgono solo ora di Lei e cominciano a circondarla. Io sono nascosto fra tutti e la macchina fotografica mi copre il volto. Si apre uno squarcio fra la gente, quasi come a volersi creare un canale fra Lei e me. Il suo viso mi riempie l’inquadratura, si accorge di me e mi punta con lo sguardo. Non mi riconosce, decido di abbassare la macchina fotografica.
I nostri occhi ora si possono incontrare, senza l’interferenza delle lenti. Mi viene incontro, mi abbraccia e mi stringe la mano, me la stringe forte e i suoi occhi si riempiono di lacrime. In quell’istante c’è tutto un tempo, un passato molto lontano. Sono sempre stato grato alla sua sensibilità, al suo essere mamma e donna. Gli insegnamenti avuti da questa piccola guerriera che ora mi si presenta davanti, forte e fragile, mi hanno accompagnato per tutta una vita. L’unica cosa che riesco a dirle è: “Non potevo mancare.” Si, non potevo perdermi un momento così importante della sua vita, il passo che la renderà sempre più apprezzata dal mondo dei conoscitori e dei pensanti.

Un mare di riconoscenti la avvolge, faccio fatica a vederla fra le persone che cercano di accaparrarsi un suo saluto. Si porta a fatica nella sala gremita, al suo ingresso uno scroscio di mani la accoglie, come si fa per una vera star. Le dediche che lascia sono tante, i saluti infiniti e il palco per Lei sembra allontanarsi ad ogni passo sempre di più. Gli alunni di oggi la salutano e gli portano in dono una tela, ed io fotografo questi ragazzi dalla felicità alle stelle. Gli alunni di oggi fotografati da quelli del passato. Non so se domani gli stessi che le hanno donato quella tela, staranno lì a fotografare gli alunni del futuro.

Ricordo, impresso come uno scatto una aduna le parole che aprono il suo intervento:

“Vorrei ringraziarvi tutti, e fare una riflessione: capisco che qui ci siano i miei alunni che, in vista dei quadri nella prossima settimana sono sotto ricatto e devono presenziare…ma voi? Voi che la scuola non la fate più? Grazie!”

C’ero anch’io in quelle parole, è così. La scuola non la faccio più, ma la voglia di seguire colei che mi ha cambiato la vita mi rimane sempre.

Forse posso dire che un ricatto lo vivo ed è la paura di non riuscire più a vedere Lei, il vero aspetto della cultura, quella che attraverso il nero prorompente dell’inchiostro lascia il segno nella bianca palude dell’indifferenza.

Grazie Nadia.

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