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Se chiedessi a qualcuno dove ha comprato la sua mascherina, lui ti risponderebbe: al tabacchi, oppure in farmacia, su quell’e-commerce o su quell’altro, o ancora dal suo sarto, nell’atelier sotto casa, nel negozio al centro commerciale, magari addirittura griffata di quel brand o di quell’altro.

La mascherina, ormai, è diventata un’icona dell’anno che ci lasciamo alle spalle e di un’epoca segnata dalla paura e dal pessimismo.

Come la Marilyn di Warhol, la Gioconda di da Vinci, come i baffi di Dalì: icone che hanno segnato le immagini del nostro tempo. La vedranno sui libri di storia, nei cataloghi dell’arte contemporanea, sui ritagli di giornale conservati in un cassetto.

Come sarebbe stata quest’epoca senza questo simbolo che ci ha diviso e che ci ha legati tutti? Potevamo mai immaginare che un dispositivo chirurgico, simbolo di una determinata o più malattie, oppure di una o l’altra professione, diventasse il simbolo di una popolazione unica? Uniti sotto la stessa bandiera che ora è dotata di due elastici di tipo FFP3.

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