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La leggenda del mare

Questa sera lo spettacolo di Antonio Iavazzo dal titolo La leggenda del mare, per il quale mi occupo della direzione della fotografia.
Uno spettacolo pensato in una location bella e mistica, ma allo stesso tempo di difficile approccio.

Il lavoro per il posizionamento delle luci diventa arduo, per il fatto che siamo in un giardino, uno spazio dell’Istituto Sant’Antida di Caserta.

Le luci e tutta l’attrezzatura che necessitano di una struttura convenzionale come quella di un teatro, vengono posizionate sugli alberi, oppure mascherate da elementi scenografici inseriti nel contesto. Un ulteriore difficoltà è dovuta anche alla grandezza dello spazio, avendo quindi l’esigenza di coprire spazi ampi e parecchio articolati.
Ma come tutti gli spettacoli fatti con Antonio Iavazzo, non mi spaventa l’idea di affrontare queste difficoltà.
Interessante il lavoro fatto dagli scenografi Enzo Nuzzo e Pietro Castaldo (Nu.Ca.), compagni di viaggio da tempo, per l’istallazione di elementi scenografici in un contesto naturale come quello del giardino, e superba la loro capacità di adattare gli elementi in maniera pregevole.
In questo spettacolo vi troviamo anche delle installazioni e proiezioni video curate da Edoardo Di Sarno (DINO), elementi altrettanto complementari per un progetto unico impareggiabile.

Di seguito alcune note di regia scritte da Antonio Iavazzo.

Questo spettacolo è ispirato alla “storia” di Colapesce, una leggenda risalente alla tradizione siciliana tradotta anche in altri lingue e dialetti, tra cui quello napoletano. Tutte le versioni, comunque, fanno di Colapesce un eroe che nasce e vive di semplicità. La sua figura, spesso contrapposta a quella di un re avido e meschino, è una metafora del senso del giusto, della misura, del bene, contrapposti alle pulsioni volgari e squallide di esistenze perdute nel “fango” del puro profitto e dello sfruttamento. Colapesce, illuminato dalla sua diversa condizione di uomo a metà tra la terra ed il mare, assume i connotati di una figura salvifica che si spinge per la vastità del Mare, simbolo di Vita e di Conoscenza.
Qui, questo mondo sospeso è stato tradotto in una versione antropologica e magica, densa di suggestioni e atmosfere barocche e misteriose. Su questo humus si innestano, anche attraverso canti, balli, e con installazioni video e soluzioni scenografiche di grande impatto percettivo ed emotivo, gli elementi della “tradizione” esoterica e simbolica di una Napoli immaginaria e visionaria, sanguigna, travolgente, mistica. Un luogo – non luogo che sfuma e oscilla di continuo tra l’immanenza e le voracità del potente – miserabile di turno e il sogno della Purezza incarnato dalla vulnerabilità e dalla delicatezza di Colapesce, in totale accordo con la Natura e il Creato tutto. Una “fragilità” la cui forza è tutta nella Verità. Ciò che è Bello è Vero, e spesso ciò che è Vero si rivela magnificamente Fragile. In questo appassionato tragitto “alchemico” di consapevolezza e salvezza, Cola incarna, tra il grottesco, la commedia, la farsa e la tragedia, tra danze, ritmi, canti travolgenti e di straziante struggimento, la figura eroica ed eterna del Mito rigeneratore e salvifico. Una favola anche delicatamente “ecologica”, in armonia con la leggerezza della vita e la sacraltà di destini segnati ineluttabilmente dalla malattia della Bellezza e della Poesia.

Foto di Pasquale Vitale

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