Vittorio Errico https://vittorioerrico.it/home/ Art Director & Photographer Mon, 24 Jul 2023 14:28:34 +0000 it-IT hourly 1 https://wordpress.org/?v=6.4.4 Arte contemporanea: il pensiero e la rappresentazione https://vittorioerrico.it/2023/07/17/arte-contemporanea-il-pensiero-e-la-rappresentazione/ https://vittorioerrico.it/2023/07/17/arte-contemporanea-il-pensiero-e-la-rappresentazione/#respond Mon, 17 Jul 2023 17:46:09 +0000 https://vittorioerrico.it/?p=1965 Quanto conta saper leggere un’opera d’arte contemporanea prima di giudicarla? Immaginando le conversazioni che ho avuto in passato con persone che non sono sempre abituate a osservare un’opera d’arte, ho capito che l’estetica del figurato, delle opere classiche o rinascimentali, per esempio, hanno un impatto molto più diretto rispetto a produzioni artistiche più contemporanee e […]

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Quanto conta saper leggere un’opera d’arte contemporanea prima di giudicarla?

Immaginando le conversazioni che ho avuto in passato con persone che non sono sempre abituate a osservare un’opera d’arte, ho capito che l’estetica del figurato, delle opere classiche o rinascimentali, per esempio, hanno un impatto molto più diretto rispetto a produzioni artistiche più contemporanee e più criptiche.

Questo perché il figurato trattato in maniera più tradizionale è di facile lettura anche per chi non ha gli strumenti per poter leggere il concetto che vi troviamo dietro.

Per questo motivo artisti contemporanei come Jago o Jorit per citarne alcuni, riescono ad avere un impatto più diretto con il pubblico perché adottano un linguaggio molto più semplice…

…e poi c’è un segreto.

Jago, ad esempio, ha sempre accompagnato il suo pubblico ad una condivisione di tutto il processo creativo, e raccontato il suo lavoro utilizzando un canale diretto come quello dei social.

Finalmente un artista che condivide tante cose del suo mondo e rompe quell’aspetto d’élite e così distante dell’arte che “non può essere di tutti”.

È qui che c’è il nocciolo della nostra questione.

Io penso che l’arte contemporanea, in gran parte, ribalti i due aspetti alla base di ogni opera: il pensiero e la rappresentazione.

Si perché nell’arte piu “tradizionale” passami il termine, la rappresentazione veniva fuori prima ancora del pensiero che vi era alla base.

Quindi un lavoro classico, rinascimentale, poteva risultare di facile lettura o semplicemente l’osservatore era maggiormente libero di vedere ciò che più gli apparteneva.

Rendendo la percezione di quell’opera più vicina al suo mondo.

O semplicemente uguale a quello che già osservava.

In alcuni lavori contemporanei questo concetto viene ribaltato.

Il pensiero, il messaggio, sta alla base della processo creativo, e la rappresentazione, spesso, passa in secondo piano.

Lasciando spesso all’utente il compito di ragionare, pensare, e aggiungere elementi a quella stessa opera.

Molto spesso in questo caso l’osservatore viene lasciato da solo a comprendere un concetto e chi non ha gli strumenti giusti, rischia di commettere degli errori.

Come ad esempio è potuto accadere nel caso della venere degli stracci installata a napoli del quale ho parlato in questo articolo.

Si. Perché le opere vanno raccontate! Vanno spiegate a tutti!

Anche a persone lontane dall’arte…se vogliamo avvicinarle a questo mondo ovviamente.

Basta con l’idea che un concetto dietro un’opera debba essere capito solo da pochi e provvediamo a rendere semplice la comunicazione dei concetti artistici a tutti quelli che la osservano.

Per questo motivo è nato il mio canale che ha come obiettivo quello di raccontare l’estetica (e quindi anche l’arte) in tutte le sue forme.

Perché sono estremamente convinto che l’estetica salverà il mondo!

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Vandalizzata “La venere degli stracci” di Pistoletto a Napoli https://vittorioerrico.it/2023/07/13/vandalizzata-la-venere-degli-stracci-di-pistoletto-a-napoli/ https://vittorioerrico.it/2023/07/13/vandalizzata-la-venere-degli-stracci-di-pistoletto-a-napoli/#respond Thu, 13 Jul 2023 16:54:00 +0000 https://vittorioerrico.it/?p=1942 Con questo articolo non voglio parlare del gesto criminale compiuto perché sono estremamente convinto che andrebbe punito. Ho deciso però di parlare dell’argomento perché leggendo i diversi commenti scritti ho avuto la percezione che quell’opera non piacesse a molte persone. E quindi mi chiedo: Un opera del genere è capita da tutti? Immaginando le conversazioni […]

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Con questo articolo non voglio parlare del gesto criminale compiuto perché sono estremamente convinto che andrebbe punito.

Ho deciso però di parlare dell’argomento perché leggendo i diversi commenti scritti ho avuto la percezione che quell’opera non piacesse a molte persone.

E quindi mi chiedo:

Un opera del genere è capita da tutti?

Immaginando le conversazioni che ho avuto in passato con persone che non sono sempre abituate a osservare un’opera d’arte, ho capito che l’estetica del figurato, delle opere classiche o rinascimentali, per esempio, hanno un impatto molto più diretto rispetto a produzioni artistiche più contemporanee e più criptiche.

Questo perché il figurato trattato in maniera più tradizionale è di facile lettura anche per chi non ha gli strumenti per poter leggere il concetto che vi troviamo dietro.

Per questo motivo artisti contemporanei come Jago o Jorit per citarne alcuni, riescono ad avere un impatto più diretto con il pubblico perché adottano un linguaggio molto più semplice.

Io penso che l’arte contemporanea, in gran parte, ribalti i due aspetti alla base di ogni opera. Il pensiero e la rappresentazione.

In alcuni lavori contemporanei, il pensiero, il messaggio sta alla base della processo creativo, e la rappresentazione, spesso, passa in secondo piano. Lasciando all’utente il compito di ragionare, pensare, e aggiungere elementi a quella stessa opera. In questo caso l’osservatore viene lasciato da solo a comprendere un concetto e chi non ha gli strumenti giusti, rischia di commettere degli errori.

Provo, quindi , a raccontarti l’opera qui.

Pistoletto nel lontano 1967 ha realizzato la Venere degli Stracci per la prima volta. L’opera prende in prestito dallo scultore Bertel Thorvaldsen la venere con la mela che l’Artista Michelangelo Pistoletto posiziona davanti ad un cumulo di stracci.

L’dea dell’opera in generale per spiegarla in poche parole (anche se potremmo parlarne) è quella di guardare con attenzione a questo mondo che continua a trascurare il bello e che lascia sempre più scarti, più rifiuti, ma dal punto di vista sociale.

Il cumulo di abiti dell’essere umano non più indossati, hanno avuto una vita in passato, una storia vissuta e poi vengono abbandonati e svuotati della personalità.

Un po come accade con le relazioni, o i progetti di vita. E la venere che rappresenta il bello che insiste ad esistere e che viene dal passato cerca di ripristinare questo scempio che sta accadendo.

Nell’installazione dell’opera di Pistoletto in Piazza Municipio a Napoli, a mio parere ci sono state, però, delle problematiche.

Vista dal vivo rispetto all’originale che ho potuto solo vedere dalle immagini, ho percepito da subito una problematica basata sulle proporzioni.

Si perché era troppo grande rispetto al cumulo di stracci la venere.

Capisco che la piazza in cui è stata collocata era relativamente ampia e quindi si sarebbero perse le proporzioni inserendo un’opera che rispettasse le misure originali.

Era quello un posto dove collocarla?

Forse si poteva individuare una collocazione più adeguata per rispettare le proporzioni e le misure originali

Ma questa è una decisione dell’artista che spero l’abbia presa in considerazione e quindi chi siamo noi per controbatterla?

In sostanza spero che da questa storia vengano studiati i punti veramente critici di questo progetto.

Riuscire a sensibilizzare maggiormente gli osservatori prima ancora di pretendere che quell’opera possa essere capita e compresa da tutti.

Quando il pensiero di un artista viene raccontato in maniera semplice ed immediata anche un bambino potrebbe apprezzarne l’estetica e forse magari lasciare quel seme che un giorno possa chiamarsi rispetto dell’arte.

Non possiamo pretendere che un progetto o una performance vengano comprese da tutti indistintamente.

Basta con l’idea che un concetto dietro un’opera debba essere capito solo da pochi e provvediamo a rendere semplice la comunicazione dei concetti artistici a tutti quelli che la osservano.

Raccontare un’opera d’arte è importante.

Ti lascio qui un video che ho pubblicato sul mio canale youtube che racconta in maniera più ampia il mio punto di vista sull’argomento.

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Venere degli stracci a Napoli: Le istituzioni potevano fare di meglio https://vittorioerrico.it/2023/07/13/la-venere-degli-stracci-a-napoli-le-istituzioni-potevano-fare-di-meglio/ https://vittorioerrico.it/2023/07/13/la-venere-degli-stracci-a-napoli-le-istituzioni-potevano-fare-di-meglio/#respond Thu, 13 Jul 2023 13:16:34 +0000 https://vittorioerrico.it/?p=1951 Dopo aver scritto un articolo sull’atto vandalico fatto alla “Venere degli stracci di Michelangelo Pistoletto installata in piazza Municipio a Napoli, mi sono posto una di serie di domande. Le istituzioni avrebbero potuto fare di meglio per riuscire a far accogliere un’opera come questa? È giusto pretendere che un pubblico più ampio capisca un opera […]

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Dopo aver scritto un articolo sull’atto vandalico fatto alla “Venere degli stracci di Michelangelo Pistoletto installata in piazza Municipio a Napoli, mi sono posto una di serie di domande.

Le istituzioni avrebbero potuto fare di meglio per riuscire a far accogliere un’opera come questa?

È giusto pretendere che un pubblico più ampio capisca un opera di non facile lettura?

Prima di addentrarci nell’argomento, però vorrei pormi una riflessione su quando un’opera di arte contemporanea viene installata in un luogo pubblico e di libero accesso da tutti.

perché per me, esistono due processi che anticipano la visione di un’opera d’arte:

1. Io entro in un museo e sono predisposto ad osservare dei lavori che potrebbero suscitare in me un punto di domanda.

Una “Reazione” perché l’arte, secondo me vive di reazione. E questo è lecito e quasi naturale.

2. Quando questo processo cambia direzione, quindi l’arte entra, irrompe nella vita delle persone, allora li bisogna stare molto più attenti.
Aldilà della sregolatezza del luogo perché le luci non sono studiate, e gli spazi hanno delle influenze estere come rumori o vincoli visivi diversi da uno spazio convenzionale come di un museo.

Quindi non tutti i progetti si possono adattare a questi criteri.

Ora…facciamo un esempio:

Io sono a Napoli, una città che viene spesso denigrata e considerata la città della “Munnezza”.

Credetemi vengo sempre colpito da queste parole.

Io scendo in piazza per andare a prendermi un buon caffè e trovo questo cumulo di stracci ammassati davanti a una bellissima statua bianca.

Ora, non voglio essere linciato per questo discorso, però è un attimo che nella mente di un cittadino qualunque possa venire fuori una reazione di dissenso.

Anche perché, citando le parole stampate su un pannello che ho visto li nella piazza, che c’è una sorta di dualismo fra quello che è il bello ed il brutto, le costruzioni e le macerie, e quindi queste due facce di Napoli.

Ora non voglio criticare queste parole, però sono state le parole che di sicuro, ha letto chiunque sia passato in quel momento davanti a quell’opera, in quella piazza.

Ma qui parliamo del fatto che un’opera viene piazzata li e “quasi” obbliga l’osservatore ad essere vista. Non dico che stiamo violentando una giornata ad un passante che aveva voglia quel giorno di andare a bere un caffè…questo no. Ma bisogna prenderlo in considerazione.

Quindi, in questo caso chi decide di procedere con un progetto del genere ha l’obbligo di porsi queste domande e dissipare tutti i dubbi che possano mai venire.

Basta con l’idea che un concetto dietro un’opera debba essere capito solo da pochi e provvediamo a rendere semplice la comunicazione dei concetti artistici a tutti quelli che la osservano.

Spesso si dà spazio alla pubblicità dell’avvenuto progetto, alla notizia che Pistoletto abbia installato un’opera a Napoli

Perché non sensibilizziamo il territorio con una campagna dei comunicazione che racconti il motivo della realizzazione di quell’opera, il messaggio che c’è dietro a quell’opera stessa?

Qui il concetto alla base è abbastanza chiaro nella mente di Pistoletto, e credo che il suo desiderio di comprensione dell’opera avrebbe dovuto prevaricare sull’idea narcisistica di dare una paternità all’opera stessa o al progetto intero.

Mettiamo i sottotitoli ad un film per farlo capire a tutti, utilizziamo il linguaggio dei segni per i non udenti, perché non mettiamo, a questo punto, i sottotitoli ad un opera d’arte? E magari, come in questo caso, in napoletano.

Oppure potremmo mettere un monitor con un attore napoletano, che mi racconti il concetto in lingua napoletana come se ad ascoltare ci fosse un bambino di 3 anni.

Parlo di questo argomento in maniera più esaustiva in un video sul mio canale youtube. Scrivimi nei commenti la tua idea al riguardo.

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La bellezza salverà il mondo! Ma la scuola ha ancora da “imparare”. https://vittorioerrico.it/2023/03/20/la-bellezza-salvera-il-mondo-ma-la-scuola-di-oggi-ha-ancora-da-imparare/ https://vittorioerrico.it/2023/03/20/la-bellezza-salvera-il-mondo-ma-la-scuola-di-oggi-ha-ancora-da-imparare/#respond Mon, 20 Mar 2023 16:58:18 +0000 https://vittorioerrico.it/?p=1923 L’arte è una materia di cui si parla troppo poco nelle scuole. Tuttavia, credo che sia di fondamentale importanza insegnare ai ragazzi il gusto dell’estetica, e l’arte è un modo per farlo. Nel mondo di oggi, dove la cultura del bello sembra essere in declino, il gusto per l’estetica saranno gli elementi che salveranno il […]

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L’arte è una materia di cui si parla troppo poco nelle scuole. Tuttavia, credo che sia di fondamentale importanza insegnare ai ragazzi il gusto dell’estetica, e l’arte è un modo per farlo.

Nel mondo di oggi, dove la cultura del bello sembra essere in declino, il gusto per l’estetica saranno gli elementi che salveranno il mondo dalla tristezza in cui sta cadendo.

I giovani di oggi hanno bisogno di capire la vera essenza dell’arte e non fermarsi alla superficialità. Le barriere devono essere rotte per far comprendere la ricchezza che abbiamo.

Le materie artistiche sono una componente essenziale nella formazione di un giovane, ma purtroppo spesso vengono trascurate o trattate superficialmente.

Personalmente, ritengo che l’insegnamento delle materie artistiche non deve essere visto come un’attività ricreativa ma come una disciplina che aiuta a sviluppare le capacità intellettuali dei giovani.

Gli insegnanti dovrebbero fare di più per integrare le materie artistiche nei programmi scolastici, nei laboratori e nelle attività extracurriculari. Organizzare visite a musei, mostre d’arte, invitare artisti e critici a parlare delle loro opere, e offrire ai ragazzi la possibilità di esporre le loro creazioni sono solo alcuni esempi di attività che possono valorizzare l’insegnamento delle materie artistiche.

Ho avuto la fortuna di frequentare scuole dove le materie artistiche erano molto valorizzate e dove ho imparato ad amare e apprezzare i grandi artisti del passato e del presente, solo grazie all’impegno di singoli insegnanti. Spero che in futuro si possa fare ancora di più, ed integrare maggiormente nel sistema scolastico materie e argomenti, per educare i giovani al gusto dell’estetica e alla conoscenza delle arti in generale.

L’insegnamento delle materie artistiche non deve essere considerato un optional, ma una vera e propria materia fondamentale per l’educazione dei giovani. Solo così possiamo formare donne e uomini consapevoli, attenti e aperti al mondo e a tutte le sue sfaccettature estetiche e culturali. Non dobbiamo dimenticare che l’arte non è solo bellezza, ma è anche rimando ad una profonda criticità del mondo che ci circonda.

L’insegnamento delle arti nelle scuole è, quindi, un’opportunità unica per creare persone capaci di cogliere al meglio l’essenza dell’esistenza umana. Allo stesso tempo, è anche una modalità di conservazione della memoria storica e culturale del nostro paese, che dovrebbe essere sempre più valorizzata e incentivata.

In un mondo in continua evoluzione, attraverso l’insegnamento delle materie artistiche, i ragazzi possono apprendere a guardare il mondo con occhi curiosi ed esplorare nuovi modi di espressione. L’arte rappresenta una delle forme più diffuse di espressione e di comunicazione umana, dove si possono cogliere racconti e storie, emozioni e pensieri profondi dei singoli autori e delle collettività di cui fanno parte.

È importante che il nostro sistema scolastico valorizzi l’insegnamento delle materie artistiche e che gli insegnanti siano sempre più preparati ed entusiasti su questo fronte. Solo così, potremo dare ai nostri giovani un bagaglio culturale e creativo che sarà utile a loro e al futuro delle nostre società.

In questo articolo metto in chiara evidenza quello che potrebbe starci dietro ad un disegno realizzato da un bambino.

L’educazione all’arte è un passo fondamentale per la crescita di una società consapevole e attenta alle bellezze del mondo.

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Cosa Pensano gli oggetti? La poetica. https://vittorioerrico.it/2023/03/02/cosa-pensano-gli-oggetti-la-poetica/ https://vittorioerrico.it/2023/03/02/cosa-pensano-gli-oggetti-la-poetica/#respond Thu, 02 Mar 2023 15:19:51 +0000 https://vittorioerrico.it/?p=1904 Ti sei mai chiesto cosa dicono o pensano le statuine, i burattini, i giocattoli? Forse potresti immaginare la risposta ricordando film Toy Story della Pixar. Oppure ci piace pensare alla visione romanzata e con un finale a lieto fine del mondo inanimato che prendeva vita nelle nostre menti da bambini, o ancora alla versione ribelle […]

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Ti sei mai chiesto cosa dicono o pensano le statuine, i burattini, i giocattoli? Forse potresti immaginare la risposta ricordando film Toy Story della Pixar. Oppure ci piace pensare alla visione romanzata e con un finale a lieto fine del mondo inanimato che prendeva vita nelle nostre menti da bambini, o ancora alla versione ribelle di una sedia, come nel film A Chairy Tale del canadese Norman McLaren.

Eppure quella domanda rimane ancora nella nostra mente da grandi. Conosco chi da ancora dei nomi al proprio PC, alla propria auto o moto. Esistono al mondo – forse lo sei anche tu – persone che danno ancora, una vita o personalità agli oggetti che li circondano anche da adulti, rintanandosi nell’immaginazione più pura e nel ricordo di quel mondo che ci circondava da bambini.

Questa è una domanda che si è posto anche il regista Marco Jemolo e che, a mio parere, ha risposto egregiamente.

Da tempo sono impegnato nelle ricerche sull’animazione di personaggi. Se dovessi spiegare in poche parole il termine stop motion potrei farlo spiegare in meno di 7 minuti al regista Marco Jemolo.

Framed è un poetico capolavoro di cortometraggio premiato in molti eventi e festival della cinematografia. Un concetto semplicissimo raccontato nel modo più complesso di fare un film.
Si, perché il lavoro in stop motion prevede un lavoro in produzione interminabile, fatto di piccoli movimenti e ripetizioni infinite delle riprese. La frammentazione e la rielaborazione del principio che sta alla base della pellicola. Frame by Frame.

In questo cortometraggio ho scoperto la vera essenza del racconto, in tutta la sua terribile brevità, un concetto che va ben oltre la domanda “Chi siamo?”. Un credo che sta alla base della nostra infanzia e che raccoglie i sentimenti di chi non vuole abbandonare le cose a lui care.

Il cortometraggio, se siete a casa, lo trovate su Prime Video oppure potete guardarlo anche qui. Ne vale la pena!

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La scelta dietro un colore https://vittorioerrico.it/2023/01/27/la-scelta-dietro-un-colore/ https://vittorioerrico.it/2023/01/27/la-scelta-dietro-un-colore/#respond Fri, 27 Jan 2023 08:46:18 +0000 https://vittorioerrico.it/?p=1658 Dopo aver presentato un logo mi imbatto spesso in una domanda semplice ma con tutto un mondo dietro: cosa mi ha spinto a scegliere quel colore? Potrei cominciare a citare una letteratura intera su cosa si trova dietro allo studio dei cromatismi per un progetto. Il significato dei colori nella mente degli utenti. Quanto possa […]

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Dopo aver presentato un logo mi imbatto spesso in una domanda semplice ma con tutto un mondo dietro: cosa mi ha spinto a scegliere quel colore?

Potrei cominciare a citare una letteratura intera su cosa si trova dietro allo studio dei cromatismi per un progetto. Il significato dei colori nella mente degli utenti. Quanto possa essere così distante lo stesso colore se solo ci spostiamo da un continente all’altro. Gli usi radicati nella tradizione di un popolo. L’estrazione dei pigmenti e le origini stesse del colore, radicate in un’appartenenza, che spesso non lascia traccia sulla carta, ma soltanto nei racconti tramandati da uomo a uomo. 

Potrei parlare dell’assonanza, dei contrasti, degli accostamenti e la continua sperimentazione. Le “regole” dei primari, analoghi, dei complementari, divergenti o equidistanti, e la loro rottura.

Eppure dietro ad ogni singola scelta, credo ci sia stata una sola motivazione: il cuore.

Se chiedi ad un musicista perché abbia scelto quella sequenza di note non riuscirebbe mai a metterci la tecnica nella sua risposta. Un cuoco non potrebbe mai relazionare l’accostamento fra il profumo e la consistenza della polpa di un pomodoro. 

Diffido sempre da chi vuole anteporre il tecnicismo alle scelte di stile, soltanto per dare spessore a ciò che si sta vendendo e non proponendo.

Non voglio dire che scelgo a c***o, ma che la spinta della stessa scelta viene comunque sorretta dal continuo studio della materia. Questo fa si che diventi spontanea nel momento dell’avvenimento.

Forse la risposta potrebbe sembrane banale, ma di certo resta quella più vicina alla mia verità. Una scelta fatta a occhi chiusi, accompagnata dal respiro e dal sorriso di chi osserva, in quel momento, davanti a me. 

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Rome in Reverse – in Blond’s Trip https://vittorioerrico.it/2021/08/30/rome-in-reverse-in-blonds-trip/ https://vittorioerrico.it/2021/08/30/rome-in-reverse-in-blonds-trip/#respond Mon, 30 Aug 2021 16:15:04 +0000 https://vittorioerrico.it/?p=1387 Se ti trovi per caso in una serata organizzata dai ragazzi dell’associazione ArteNova puoi sicuramente parlarne dopo con gli amici. In un contesto a me caro come quello del Casale di Teverolaccio, una serata con un’ottima musica. Una scoperta fantastica quella del progetto Rome in Reverse da ascoltare. Una breve sequenza di immagini.

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Se ti trovi per caso in una serata organizzata dai ragazzi dell’associazione ArteNova puoi sicuramente parlarne dopo con gli amici. In un contesto a me caro come quello del Casale di Teverolaccio, una serata con un’ottima musica. Una scoperta fantastica quella del progetto Rome in Reverse da ascoltare.

Una breve sequenza di immagini.

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Black Summer Corri se vuoi vivere. https://vittorioerrico.it/2021/07/23/black-summer-corri-se-vuoi-vivere/ https://vittorioerrico.it/2021/07/23/black-summer-corri-se-vuoi-vivere/#respond Fri, 23 Jul 2021 18:49:13 +0000 https://vittorioerrico.it/?p=1366 Posso immaginare che non a tutti quanti piacciano i film o le serie tv con gli zombie, ma sono rimasto impressionato dalla bellezza di come sia stata girata questa serie. Un progetto arduo già dai primissimi minuti della prima puntata, 5 frame di una cittadina desertica, con una sirena di fondo che non lascia presagire […]

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Posso immaginare che non a tutti quanti piacciano i film o le serie tv con gli zombie, ma sono rimasto impressionato dalla bellezza di come sia stata girata questa serie.

Un progetto arduo già dai primissimi minuti della prima puntata, 5 frame di una cittadina desertica, con una sirena di fondo che non lascia presagire niente di tranquillo. 

La storia suddivisa in capitoli, una struttura parallela della narrazione che scopri dopo i primi titoli e la cosa che più mi è piaciuta: molte scene concepite in piano sequenza. 

Un continuum di adrenalina e lotta contro il tempo che porta lo spettatore a sperare sempre in un respiro e una ricerca della pace. 

Un concetto ben diverso di zombie alla “The Walking Dead”, dove sono i protagonisti a cadere nelle braccia dei vaganti; qui il gioco si fa duro visto che, chi si trasforma, diventa crudelmente affamato e conserva la forza e le abilità di una persona normale. Un atteggiamento meno anni ottanta e molto più realistico dell’approccio alla tragedia.

Più realistiche anche le sensazioni vissute e il panico trasmesso che ti invita a vedere le due stagioni tutte d’un fiato. 

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Il nuovo è sempre “più migliore”? Storia di un logo trattato male. https://vittorioerrico.it/2021/02/24/il-nuovo-e-sempre-piu-migliore/ https://vittorioerrico.it/2021/02/24/il-nuovo-e-sempre-piu-migliore/#respond Wed, 24 Feb 2021 11:51:11 +0000 https://vittorioerrico.it/?p=1209 Nella vita il mio lavoro mi ha dato tante soddisfazioni, ma anche qualche dispiacere. Oggi voglio soffermarmi proprio su uno di questi. Le radici di questa storia risalgono al lockdown di marzo 2020. Un cliente poi diventato amico (col quale avevamo provveduto a realizzare già un lungo percorso fatto di disegno del logotipo, gran parte […]

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Nella vita il mio lavoro mi ha dato tante soddisfazioni, ma anche qualche dispiacere. Oggi voglio soffermarmi proprio su uno di questi.

Le radici di questa storia risalgono al lockdown di marzo 2020. Un cliente poi diventato amico (col quale avevamo provveduto a realizzare già un lungo percorso fatto di disegno del logotipo, gran parte del coordinato aziendale, foto still life dei prodotti e altro ancora) mi chiamò.

Durante la nostra chiacchierata si aprì e mi confessò le difficoltà economiche che stava attraversando, chiedendomi di interrompere la comunicazione. 

Lì per lì non potei che esprimere la mia completa comprensione dandogli tutto il supporto possibile, modificando alcuni aspetti del progetto per adattarlo al cambio di rotta del suo business che progettammo insieme, e realizzando il tutto pro bono.

Il primo lockdown è stata una bestia nera, noi stessi eravamo in grande difficoltà a causa dei cambi di rotta dei nostri committenti e non ci restava altro che fare rete, trovando nella solidarietà e comprensione reciproca la forza per tirare avanti.

Ora ti starai chiedendo “Quindi? Qual è la delusione di cui volevi parlarmi?”.

Una mattina, durante una sessione di scrolling su instagram, comparve sulla bacheca una grafica inaspettata.

Quello che ormai era diventato un mio ex cliente si stava mostrando con un logo modificato, svilito e privo dell’identità che tanto avevamo ricercato in fase di realizzazione. È stato subito palese il lavoro realizzato da un’altra agenzia di comunicazione.

Ci sono rimasto male? Sì, ma non per quello a cui stai pensando, anzi. La mia delusione deriva da due aspetti che recrimino a me stesso.

Il primo tasto dolente è: non esser riuscito a instaurare trasparenza tra me e il cliente. 

Credo che la trasparenza sia tutto e, come in ogni tipo di rapporto, sono convinto che anche tra azienda e studio ci sia un inizio e una fine. 

Non ci avrei visto nulla di male se quel giorno il mio cliente mi avesse detto “voglio interrompere il rapporto con studiomono” per poi iniziarne uno nuovo con un’agenzia, professionista o chicchessia. A volte il cambio può derivare dalla volontà di cambiare stile, rinnovarsi e cercare qualcosa di diverso e so bene che un rapporto studio/cliente non sia eterno.

Il secondo tasto dolente è: non esser riuscito a trasmettere tratti identitari del logo al mio cliente. 

Forse a causa di una mia mancanza, non sono riuscito a infondere nel mio cliente l’importanza dei segni distintivi del suo logo e il rispetto che meritano. Diversamente avrebbe rifiutato la proposta presentata, chiedendo di realizzare qualcosa che rispettasse la sua immagine.

Perché ti ho riportato questo lungo aneddoto? La risposta è molto semplice.

Nel mio lavoro ci metto il cuore e so bene che un’azienda è come un figlio. Un logo non è soltanto un’immagine, un’azienda non è solo un edificio e ogni cosa ha la sua importanza. Dietro le aziende ci sono persone, vite dalle quali possono dipendere intere famiglie, che hanno la necessità di comunicare i propri valori.

Non è un caso se, nell’approcciarmi ad un nuovo lavoro, mi pongo con rispetto nei confronti del marchio già esistente.

Non sempre il nuovo distrugge il vecchio.

Vorrei che chiunque chieda di realizzare un progetto ad una nuova agenzia, chieda di rispettare le linee guida e l’immagine che si erano imposte all’origine.

Vorrei che non ci sia il timore di dire “no, questo non rispecchia i miei valori e l’identità del mio marchio”, perché la loro inosservanza è forse l’errore più grande e grossolano che si possa commettere in comunicazione.

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Esplosione di colori. Il carnevale secondo la piccola Rita. https://vittorioerrico.it/2021/02/16/esplosione-di-colori-il-carnevale-secondo-la-piccola-rita/ https://vittorioerrico.it/2021/02/16/esplosione-di-colori-il-carnevale-secondo-la-piccola-rita/#respond Tue, 16 Feb 2021 20:29:47 +0000 https://vittorioerrico.it/?p=1189 Provare a guardare il mondo con gli occhi di un bambino non è semplice, eppure è un esercizio che tutti dovremmo fare. I disegni d’infanzia sono pura arte, ricchi di una sensibilità comunicativa propria a pochi adulti. Il carnevale, la spensieratezza, la felicità gioiosa della vita. Tutto espresso da colori e forme semplici ma fortemente […]

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Provare a guardare il mondo con gli occhi di un bambino non è semplice, eppure è un esercizio che tutti dovremmo fare. I disegni d’infanzia sono pura arte, ricchi di una sensibilità comunicativa propria a pochi adulti.

Il carnevale, la spensieratezza, la felicità gioiosa della vita.

Tutto espresso da colori e forme semplici ma fortemente espressive.

Osservando il disegno della piccola Rita sono caduto in un silenzio riflessivo, restando entusiasta dell’incredibile forza emotiva dei tratti.Un’esplosione di colori che ricopre ogni angolo dello spazio circostante.

“Dove ho già visto tutto ciò? A cosa mi riporta questo disegno?”.

Il rimando è stato immediato: lo spot di Sky Arte!

La potenza espressiva di una bambina delle elementari, priva di filtri e canoni accademici,
ha raggiunto così vette altissime di significato, raggiungendo l’essenza di un messaggio ideato da un team di creativi solo a seguito di ore ed ore di lavoro.

È incredibile la carica emotiva trasmessa dai tratti del pastello impugnato da un bambino.

Incredibile come tutto ciò arrivi alla pancia dell’osservatore, al quale non resta che ammirare.

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Smart working o lavoro in studio? https://vittorioerrico.it/2021/01/25/smart-working-o-lavoro-in-studio/ https://vittorioerrico.it/2021/01/25/smart-working-o-lavoro-in-studio/#respond Mon, 25 Jan 2021 10:00:58 +0000 https://vittorioerrico.it/?p=1025 Ormai sentiamo dire questa parola troppo spesso. Abbiamo imparato a conoscerla in un periodo orribile e parecchi prima non ne sapevano nemmeno l’esistenza. Ma che cosa significa per noi oggi? Mi sono sempre impegnato ad avere uno studio nel quale accogliere i miei clienti o dove ritrovarmi con i miei collaboratori. Qualche volta ho pensato […]

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Ormai sentiamo dire questa parola troppo spesso. Abbiamo imparato a conoscerla in un periodo orribile e parecchi prima non ne sapevano nemmeno l’esistenza. Ma che cosa significa per noi oggi?

Mi sono sempre impegnato ad avere uno studio nel quale accogliere i miei clienti o dove ritrovarmi con i miei collaboratori.

Qualche volta ho pensato di farne a meno, riducendo così le spese e le energie per sostenerlo… ma poi ho cambiato idea. Avere un luogo di incontro dedicato, ed in linea con quelle che sono le mie esigenze lavorative, mi ha sempre stimolato.

Al mattino quando scendo per raggiungere il mio studio è come puntare la bussola verso casa. Una direzione da prendere ed una meta da raggiungere ogni giorno. Sulla scrivania gli appunti del giorno prima, la luce che filtra dalla vetrata, quel profumo che sa di lavoro. Un posto dove incontrare chi collabora con me e riunirsi intorno ad un buon caffè per discutere, organizzare, creare.

Poi arriva la pandemia che ci obbliga a restare a casa e modifica le nostre giornate. Trovare un metodo di condivisione in cloud, riunioni in video conferenza, fotografie di appunti da condividere.

Ma lo smart working era ed è sempre stato il mio metodo.

Sì, perché ho sempre avuto il mio lavoro in un portatile, avendo la possibilità di aprire un device ed essere connesso con il mio lavoro.

Eppure in questo periodo mi è mancato tanto lo studio. L’ho cercato e l’ho vissuto comunque… anche in solitudine, perchè lo studio è casa mia.

Non credo che lo smart working vada bene per ogni tipo di attività. Di sicuro può essere un metodo utile in alcuni lavori ma non nel mio. L’esigenza di stare seduti allo stesso tavolo e di condividere le stesse idee, ascoltando un brano, disegnando sullo stesso foglio, toccando le carte o sfogliando le pagine di un libro.

La creazione di un nuovo marchio, o lo studio di un packaging, esige un lavoro di squadra, e il flusso condiviso di idee. Flussi spesso filtrati dalla tecnologia o non sempre fruibili a distanza.

Insomma, lo smart working è sempre esistito per me ma, potendo scegliere, preferisco vivere il mio studio e condividerlo insieme a chi lo vive con a me.

Sarò tradizionalista, ma a me piace così.

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Da cosa si riconosce un buon cliente? https://vittorioerrico.it/2021/01/24/da-cosa-si-riconosce-un-buon-cliente/ https://vittorioerrico.it/2021/01/24/da-cosa-si-riconosce-un-buon-cliente/#respond Sun, 24 Jan 2021 19:14:53 +0000 https://vittorioerrico.it/?p=1049 Sono oltre 15 anni che faccio questo lavoro. Un lavoro che chiamo ancora passione. Da parecchi anni mi ritrovo a confrontarmi con un tema molto arduo: il mio cliente ha le idee chiare? Sì, perché questa è l’unica cosa da non sottovalutare quando si lavora con una committenza. Riuscire a comprendere l’idea di chi ti […]

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Sono oltre 15 anni che faccio questo lavoro. Un lavoro che chiamo ancora passione.

Da parecchi anni mi ritrovo a confrontarmi con un tema molto arduo: il mio cliente ha le idee chiare?

Sì, perché questa è l’unica cosa da non sottovalutare quando si lavora con una committenza.

Riuscire a comprendere l’idea di chi ti sta chiedendo di realizzare qualcosa per se o per la sua azienda.

Tantissime volte (soprattutto nei primi anni) facevo l’errore di proporre delle cose che appartenevano alla mia idea di immagine o di design, ma che in realtà si allontanavano molto da quella del mio cliente.

Forse per mia inesperienza oppure perché, in quel caso, il mio committente non aveva le idee ben chiare.

Come faccio adesso in studiomono ad avere le idee chiare su cosa vogliono e cosa piace ai nostri clienti?

Nel corso degli anni ho imparato a capire, e studiare, i gusti personali di chi mi chiede un progetto. È molto importante capire con chi sto parlando e qual è il suo background.

Da non sottovalutare è lo stile che il mio cliente vuole dare alla propria azienda. Non mi dimentico mai  che il nostro lavoro verrà impiegato per questa realtà e che dovrà soddisfare tutte le esigenze di chi lo commissiona.

Questo ovviamente non significa che ogni progetto verrà realizzato per accontentare chi lo commissiona, perché deve esserci sempre qualcosa di mio. Qualcosa che propone il professionista nel quale confida chi chiede un progetto.

Ovviamente si lavora meglio quando, chi ti chiede di progettare qualcosa per sé, ha le idee molto chiare. Sì, perché in quel caso si lavora in linea.

Non c’è miglior cliente di chi già sa il fatto suo.

Tanti colleghi mi dicono che con un cliente che ha le idee ben chiare si hanno molti paletti nella commissione. Ma il segreto sta proprio in questo!

Meglio un committente che ha le idee chiare e ferme invece di uno che ti lascia brancolare nel buio.

Spesso mi sono ritrovato a correre dietro una cosa inesistente, e che non accontentasse le aspettative di chi commissionava quel lavoro, il tutto proprio perché non c’erano idee concrete di quello che si chiedeva.

In questo caso la scelta migliore è stata quella di fermarsi e di ricominciare da capo, cercando fino in fondo di capire dove fosse conservata quella lampadina accesa.

La mente di un cliente è come una stanza piena di cose messe a caso: influssi dall’esterno, da altre aziende competitor, dai social media sempre pieni di informazioni, dalla televisione con target sempre più fuori fuoco.

Riconoscere la direzione da prendere attraverso l’ascolto, la comprensione delle esigenze, lo studio della soluzione migliore e l’attuazione di un progetto in linea con le aspettative.

Il mio lavoro mi piace sempre di più, perché mi pone ogni giorno davanti a tutto questo, e la soddisfazione maggiore è quella di riuscire sempre a realizzare qualcosa che restituisca, a chi mi commissiona un progetto, tutto quello che desidera.

Amo il mio lavoro, e tu?

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Ti conosco mascherina https://vittorioerrico.it/2021/01/21/ti-conosco-mascherina/ https://vittorioerrico.it/2021/01/21/ti-conosco-mascherina/#respond Thu, 21 Jan 2021 21:13:45 +0000 https://vittorioerrico.it/?p=1007 Se chiedessi a qualcuno dove ha comprato la sua mascherina, lui ti risponderebbe: al tabacchi, oppure in farmacia, su quell’e-commerce o su quell’altro, o ancora dal suo sarto, nell’atelier sotto casa, nel negozio al centro commerciale, magari addirittura griffata di quel brand o di quell’altro. La mascherina, ormai, è diventata un’icona dell’anno che ci lasciamo […]

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Se chiedessi a qualcuno dove ha comprato la sua mascherina, lui ti risponderebbe: al tabacchi, oppure in farmacia, su quell’e-commerce o su quell’altro, o ancora dal suo sarto, nell’atelier sotto casa, nel negozio al centro commerciale, magari addirittura griffata di quel brand o di quell’altro.

La mascherina, ormai, è diventata un’icona dell’anno che ci lasciamo alle spalle e di un’epoca segnata dalla paura e dal pessimismo.

Come la Marilyn di Warhol, la Gioconda di da Vinci, come i baffi di Dalì: icone che hanno segnato le immagini del nostro tempo. La vedranno sui libri di storia, nei cataloghi dell’arte contemporanea, sui ritagli di giornale conservati in un cassetto.

Come sarebbe stata quest’epoca senza questo simbolo che ci ha diviso e che ci ha legati tutti? Potevamo mai immaginare che un dispositivo chirurgico, simbolo di una determinata o più malattie, oppure di una o l’altra professione, diventasse il simbolo di una popolazione unica? Uniti sotto la stessa bandiera che ora è dotata di due elastici di tipo FFP3.

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Fortuna che non ci sei https://vittorioerrico.it/2020/12/07/fortuna-che-non-ci-sei/ https://vittorioerrico.it/2020/12/07/fortuna-che-non-ci-sei/#respond Mon, 07 Dec 2020 13:32:26 +0000 https://vittorioerrico.it/?p=999 Fortuna che non ci sei, oggi. Hai evitato di vivere un brutto periodo. Sono scomparse tante persone a cui tenevi. Persone che hai amato e che ti hanno amata. Ma poi anche tante altre che non conoscevi nemmeno. Come una guerra, migliaia di morti. Dicono per colpa di un virus…secondo me per colpa chi doveva […]

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Fortuna che non ci sei, oggi. Hai evitato di vivere un brutto periodo. Sono scomparse tante persone a cui tenevi. Persone che hai amato e che ti hanno amata. Ma poi anche tante altre che non conoscevi nemmeno. Come una guerra, migliaia di morti. Dicono per colpa di un virus…secondo me per colpa chi doveva fare cose che non ha fatto e poi se la prendono con i medici.

Fortuna che non ci sei, perché avresti visto una famiglia ridotta a brandelli. Forse, proprio perché non ci sei.
Fortuna che non ci sei perché mi avresti visto fallire. Fallire nel lavoro come il professionista che manco d’essere, fallire nella vita come uomo e padre mancato. Forse questa, conoscendoti, sarebbe stata una delle cose più strazianti per te. Per te che amavi il nostro futuro, il mio e quelli di tutti noi. Sarebbe stato straziante per te perché al solo pensiero di vedermi piangere saresti stata male.
Fortuna che non ci sei, perché t’avrei promesso di fare cose che non sarei riuscito a mantenere. Come quella volta che mi dicesti, nel letto di casa tua che stavi morendo ed io esclamai “Ma quanne maje!?!? Vedrai che adesso in ospedale di daranno qualcosa per farti stare meglio e passerà tutto.” Quella frase te l’ho detta sul serio, perché ci credevo davvero. Ti ho detto quelle parole perché ci credevo…ma poi, non è stato così.
Fortuna che non ci sei perché sarebbe stato brutto vederti, oggi, festeggiare un compleanno e mentirti su come stavo. Come quelle volte che lo facevo e ti dicevo: “Sto bene. Va tutto bene.”
Forse, l’unica sfortuna perché non ci sei, è quel caffè che mi prepararvi subito dopo che te lo dicevo. Perché sapevi che qualcosa non andava e facevi finta, che intanto, andasse tutto bene. Quel caffè che riparava ogni danno, e diventava uno scudo col quale affrontavo la vita. Quel caffè che mi ha fatto crescere e dimenticare.
Fortuna che non ci sei…ma manchi comunque.
Auguri, ovunque tu sia.

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Dai mosaici a Lichtenstein – Il retino e la magia della stampa https://vittorioerrico.it/2020/07/07/dai-mosaici-a-lichtenstein-il-retino-e-la-magia-della-stampa/ https://vittorioerrico.it/2020/07/07/dai-mosaici-a-lichtenstein-il-retino-e-la-magia-della-stampa/#respond Tue, 07 Jul 2020 06:20:17 +0000 https://vittorioerrico.it/?p=970 Qualche giorno fa ero in tipografia ed ho cominciato a smanettare con un lentino tipografico intanto che chiacchieravo con i miei amici tipografi. Ho sfilato il cellulare dalla tasca ed ho fatto alcune foto di quello che vedevo: un foglio di giornale che avvolgeva delle lastre. Compare così, il retino tipografico. L’illusione ottica creata dall’accostamento di […]

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Qualche giorno fa ero in tipografia ed ho cominciato a smanettare con un lentino tipografico intanto che chiacchieravo con i miei amici tipografi. Ho sfilato il cellulare dalla tasca ed ho fatto alcune foto di quello che vedevo: un foglio di giornale che avvolgeva delle lastre. Compare così, il retino tipografico. L’illusione ottica creata dall’accostamento di diversi punti o tratti con tonalità di colori o grigi che l’occhio umano non riesce a distinguere.

Se penso che ancora oggi usiamo tecniche di oltre 200 anni fa, rinnovate e modificate, ma comunque fedeli ad un concetto che viene dal passato. Quando la stampa ancora non prendeva il posto della pittura e della scrittura c’erano stati diversi esperimenti di “retini”. Mi riferisco ai Mosaici dell’antichità, al tratteggio in chiaroscuro di Da Vinci, o quello degli affreschi di Michelangelo, al puntinismo di Seurat o Signac.

[ Queste e la foto in copertina le ho scattate in tipografia ] 

Il tratteggio, il retino, il pixel. Scoperte che appartengono ad epoche completamente diverse, e tecniche utilizzate in settori che non si appartengono. Fino a quando non comincia la promiscuità delle arti visive. Fino a quando i graphic designer, gli artisti contemporanei, i videomakers non iniziano a fondere queste tecniche per fare propri i concetti e creare nuovi linguaggi. Esemplari le opere di Roy Lichtenstein, che guardava in macro la texture del retino tipografico tradizionale.

[ Roy Lichtenstein ] 

Eppure quando andiamo al bar e ci soffermiamo, dopo il caffè, a dare uno sguardo alle ultime notizie, il nostro occhio non si sofferma sulla tecnica litografica utilizzata per stampare quel pezzo di carta, e neanche sull’insieme di puntini casuali che compongono quelle immagini. Guardiamo i nostri eroi dello sport, i politici corrotti, le notizie disastranti economiche, e ci chiediamo quanti altri contagi ha fatto il covid-19.

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Come trovare l’ispirazione – Le mie non regole https://vittorioerrico.it/2020/05/08/come-trovare-lispirazione-le-mie-non-regole/ https://vittorioerrico.it/2020/05/08/come-trovare-lispirazione-le-mie-non-regole/#respond Fri, 08 May 2020 10:00:13 +0000 https://vittorioerrico.it/?p=964 La paura del foglio bianco attacca tantissimi disegnatori, autori, creativi in genere. Ma la paura più grande è la paura di avere paura del foglio bianco. Sembra un gioco di parole ma alla base del “blocco dell’autore” c’è la paura del blocco. Una mente poco allenata ha meno attitudine ai processi creativi. Un processo creativo […]

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La paura del foglio bianco attacca tantissimi disegnatori, autori, creativi in genere. Ma la paura più grande è la paura di avere paura del foglio bianco. Sembra un gioco di parole ma alla base del “blocco dell’autore” c’è la paura del blocco. Una mente poco allenata ha meno attitudine ai processi creativi. Un processo creativo è la sequenza di immagini o pensieri che nascono da un pensiero o immagine e poi a cascata, come un effetto domino, arrivano ad un concetto più elaborato. Non è sempre d’obbligo che il punto di partenza sia la versione basic e quello d’arrivo si advanced –  quasi sempre ti capita che l’inizio del processo creativo sia in un punto totalmente diverso dall’idea materializzata alla fine del percorso. In poche parole: il processo creativo è un viaggio che nella nostra mente attraversa diverse città e posti da visitare.

Come faccio io ad ispirarmi? Non ho una regola ben precisa ma potrei riassumere in diversi metodi la ricerca che faccio per lavorare ad un progetto nuovo, se l’idea non arriva.

Fare la spesa al supermercato

Posso capire che in tanti odino fare la spesa perchè ti fa perdere tempo e spesso ti stanca – pensando alle buste piene da portare a casa – io invece amo fare la spesa perchè mi ispira. Viaggiare fra gli scaffali di un supermercato ti aiuta a comprendere l’andamento del design nel mondo magico dei consumatori. La scelta del font per il restyling di una bottiglia d’olio, oppure la carta opaca di un pacco di biscotti possono diventare il punto di partenza di un’idea. Insomma se mi si inceppa il meccanismo non mi rimane che farmi l’elenco delle cose da mettere in dispensa e correre al supermercato.

La ricerca piantata in un vaso

I fiori o le piante, ma lo stesso sporcarsi le mani di terra innescano un meccanismo totalmente diverso da quello della passeggiata fra le corsie di un supermercato. In questo caso la mente riesce a liberarsi dalla zavorra delle troppe informazioni accumulate e puoi focalizzare l’attenzione su elementi semplici come la struttura di una foglia o una visione in “macro” di una zolla di terreno. Fra le foglie di una pianta di pomodori ho trovato l’ispirazione per la realizzazione di un logo. Non dico che stava li in mezzo alle foglie, ma è stato in quell’attimo di stasi che ho messo a fuoco una cosa che non avevo sotto gli occhi.

La pubblicità in TV

La varietà di immagini e di argomenti che saltano da un contesto all’altro in brevissimo tempo crea un maggiore dinamismo nella mente. Ma facciamo attenzione a non subirla in maniera passiva. Da piccolo mi appassionava guardare la televisione, ma di più, la pubblicità in televisione. Con il tempo ho capito che non guardavo quello che mi capitava davanti agli occhi, mi soffermavo sui dettagli. Cercavo di capire cosa ci fosse dentro e dietro alla scena. In che modo la cioccolata potesse uscire da un cornetto appena aperto, o come potesse un prodotto fluttuare su un tavolo senza vedere i fili che lo reggessero. Insomma, la pubblicità mi ispira perchè è un contenitore pieno di input e dopo averli drenati qualcosa rimane sempre. Non mi meraviglio quando mi dicono che mi appassiona guardare tutto, anche la pubblicità in televisione, che i maestri del telecomando evitano.

I concept nascosti nelle persone

Scendere a farsi una passeggiata in piazza, oppure prendere un caffè al bar mi aiuta a concentrare le forze su quello che mi rimane dentro alla testa. Non so per gli altri, ma io quando sono davanti ad una persona mi soffermo molto ad osservare i dettagli. Un neo, oppure una macchia negli occhi mi aiuta ad evadere da tutto quello che stava nella mia mente qualche secondo prima e mi ritrovo ad osservare il mio progetto dall’alto. Estrapolato furi dal contesto, in alto, dove il quadro completo si palesa davanti ai tuoi occhi. Si, proprio li è il posto in cui trovo l’ispirazione.

Più che un consigli su come trovare l’ispirazione potrebbero sembrare delle giustificazioni al non fare niente, oppure alle troppe volte che sono in un posto e mi blocco a fissare il vuoto. Credo che forse sia proprio quello il senso. Una regola fissa non c’è ma l’unico segreto è: distogliere lo sguardo da quel foglio bianco, la strada per affrontarlo dopo qualche ora, o giorno, con una visione più chiara. La vera ragione che mi fa amare il mio lavoro è proprio questa. Non esistono regole contro la paura del blocco del foglio bianco, ma esiste un modo per non avere paura di avere paura. Il tempo che scorre è esso stesso un’esperienza creativa. Quasi sempre, alla fine di ogni giornata, esclamo la frase “Anche oggi non ho fatto niente!” – in realtà non è così.

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L’omino della Bialetti. Personaggio o marchio? https://vittorioerrico.it/2019/09/15/lomino-della-bialetti-personaggio-o-marchio/ https://vittorioerrico.it/2019/09/15/lomino-della-bialetti-personaggio-o-marchio/#respond Sun, 15 Sep 2019 19:13:26 +0000 https://vittorioerrico.it/?p=941 Ho preso un caffè a casa di mia cugina. Uno dei soliti 10 caffè che prendo al giorno. Sulla tazza ho visto un disegno che mi ha sempre incuriosito ed affascinato. L’omino Bialetti. Quell’ominio stilizzato, protagonista di tante storie, ma anche di un’Italia d’altri tempi. L’omino della Bialetti nasceva nello stesso periodo nel quale nacque […]

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Ho preso un caffè a casa di mia cugina. Uno dei soliti 10 caffè che prendo al giorno. Sulla tazza ho visto un disegno che mi ha sempre incuriosito ed affascinato. L’omino Bialetti.

Quell’ominio stilizzato, protagonista di tante storie, ma anche di un’Italia d’altri tempi. L’omino della Bialetti nasceva nello stesso periodo nel quale nacque “Il Carosello”, una trasmissione RAI che dava i natali a quello che adesso chiameremo semplicemente pubblicità.

 

L’uomo geniale che creò da un foglio di carta bianco quest’icona degli anni cinquanta si chiamava Paolo Campani in arte Paul Campani. Paul, l’uomo che creò la Paul Film, una vera e propria azienda che produceva cartoni animati. In Italia!

La matita di Paul ha dato vita a molti personaggi, che poi hanno avuto una continuità anche fuori dal Carosello: come il piccolo Calimero che tutti ricordiamo essere il personaggio dello spot AVA diventato poi un vero e proprio cartone animato per bambini. Un’intera infanzia per i miei genitori e che ancora oggi persiste fra le trame dei miei ricordi.

Su quella tazzina un personaggio o un logo? Un marchio o un fumetto?

Questo il vero genio di Paul Campani, la creazione di un personaggio, l’interpretazione di un attore-cartone, che esisteva nelle pagine di una sceneggiatura ed entrava nelle case degli italiani con un prodotto da vendere sotto il braccio. Gli inglesi reputavano assurdo dare tutto questo spazio ad una storia in televisione (più di due minuti) senza riempirlo con altri messaggi pubblicitari.

In Italia invece funzionava!

Mentre il pubblico si affezionava a quel buffo personaggio la propaganda commerciale prendeva spazio nell’immaginario collettivo.

Paul in un’intervista dichiarava di non essere un artista. Lui si definiva un commerciante. La Paul film ha dato il via ad un’epoca in cui la pubblicità in televisione avesse sempre una presenza più importante.  Questa presenza oggi è diventata, forse, prepotenza. Lo vediamo con l’inserimento dei prodotti commerciali nei film, o nelle trasmissioni televisive e nella forsennata ricerca della velocità ed immediatezza nel messaggio commerciale. Chissà se Paul avesse previsto questo scenario a distanza di sessant’anni da quella che era l’epoca del Carosello in TV?

Una strip di come si fa il caffè firmata da Paul Campani

 

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Circus https://vittorioerrico.it/2016/05/31/circus/ https://vittorioerrico.it/2016/05/31/circus/#respond Tue, 31 May 2016 18:46:45 +0000 https://blog.vittorioerrico.it/post/145216418649   Un posto magico, fatto di mille segreti e venuto dal nulla. Il mondo dei piccoli, che cattura il cuore dei grandi. Il circo, affascinante equilibrio fra l’arte e l’irreale. Dimora di degenerati ed esiliati che della loro schiavitù hanno fatto una disciplina, che sorridono con un ghigno all’ipocrisia che veste l’indignazione umana. Circus, l’ultimo […]

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Un posto magico, fatto di mille segreti e venuto dal nulla. Il mondo dei piccoli, che cattura il cuore dei grandi. Il circo, affascinante equilibrio fra l’arte e l’irreale. Dimora di degenerati ed esiliati che della loro schiavitù hanno fatto una disciplina, che sorridono con un ghigno all’ipocrisia che veste l’indignazione umana.

Circus, l’ultimo videoclip realizzato per gli Upsweep con la regia di Giacomo Siciliani, che mi vede coinvolto nella direzione della fotografia. Un’esperienza di due giornate passate con un gruppo di ragazzi eccezionali, che sanno trasmetterti una voglia di fare e la passione che tanto manca a questo mondo. Non è facile, oggi, realizzare un buon prodotto solo con la volontà, ma loro ci riescono sempre, facendolo con il cuore e tanta umiltà.

Vi invito a vederlo ed a lasciare un commento.

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Massimo Ferrante – Videoclip by dinostudio – https://vittorioerrico.it/2015/10/12/massimo-ferrante-videoclip-by-dinostudio/ https://vittorioerrico.it/2015/10/12/massimo-ferrante-videoclip-by-dinostudio/#respond Mon, 12 Oct 2015 12:50:24 +0000 https://blog.vittorioerrico.it/post/131016265319 Vede la mia firma per la direzione della fotografia il lavoro realizzato da Dinostudio per il cantante e musicista Massimo Ferrante. Un progetto che mi lascerà un ricordo bellissimo. La grande professionalità di Ferrante, e la sua esperienza datata, hanno reso eccezionali le giornate passate sul set. Un’esperienza da ripetere. Grazie Massimo. https://youtu.be/HDXNPaZPDUk https://youtu.be/Uzam-O7RiR4

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Vede la mia firma per la direzione della fotografia il lavoro realizzato da Dinostudio per il cantante e musicista Massimo Ferrante. Un progetto che mi lascerà un ricordo bellissimo. La grande professionalità di Ferrante, e la sua esperienza datata, hanno reso eccezionali le giornate passate sul set. Un’esperienza da ripetere.
Grazie Massimo.

https://youtu.be/HDXNPaZPDUk
https://youtu.be/Uzam-O7RiR4

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Ross Symons – origami artist https://vittorioerrico.it/2015/10/06/ross-symons-origami-artist/ https://vittorioerrico.it/2015/10/06/ross-symons-origami-artist/#respond Tue, 06 Oct 2015 18:13:31 +0000 https://blog.vittorioerrico.it/post/130628921404 Ross Symons – origami artist La carta è stata sempre il primo passo per la creatività. Sulla carta si realizzano schizzi preparatori, infinite bozze per la realizzazione di progetti. Ma c’è chi della carta stessa ne fa dell’arte. Parlo dell’artista degli origami Ross Symons. Capace di lavorare per ore su un foglio di carta e […]

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Ross Symons – origami artist

La carta è stata sempre il primo passo per la creatività. Sulla carta si realizzano schizzi preparatori, infinite bozze per la realizzazione di progetti. Ma c’è chi della carta stessa ne fa dell’arte. Parlo dell’artista degli origami Ross Symons. Capace di lavorare per ore su un foglio di carta e realizzare delle opere eccezionali. Dedicatosi per anni ad una passione che nasce come gioco afferma “Ho iniziato con la gru e ho perso il conto di quante volte mi piegai. Quello che non mi rendevo conto al momento è come origami stava per diventare una parte così enorme della mia vita.”

Ross Symons ad oggi conta più di 103.000 followers si Instagram ed il suo “gioco” è diventata una vera attività, riscuotendo successi enormi e committenze richieste da colossi come Adidas, Red Bull e Christian Dior.

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