SENEGAL
IN MOSTRA

Un viaggio nella Street Photography – Senegal – Africa
La fotografie che mi porto nel cuore dal mio viaggio in Africa mentre lavoravo ad un cortometraggio. Una breve storia nel Continente Nero.

Dalla strada, camminando a piedi, si cominciano a sentire le voci di questi bambini che giocano nel cortile. La struttura del centro si presenta come una grossa fortezza marrone. Sembrerebbe quasi che non la potesse buttare giù neanche la più malvagia delle menti. La forza che ci è voluta per costruirla la tiene in piedi, ed in piedi la tiene un angelo da la su…

Arriviamo all’ingresso del centro, il vento stamattina è molto forte, ma i bambini non sembrano farci caso.

Ci hanno messo poco tempo per abituarsi a noi. In parecchi sono incuriositi dalla mia macchina fotografica. Si mettono in posa per farsi scattare una foto e poi vogliono vederla dal display.

La felicità di questi bimbi è eccezionale. Allora questi sono I bambini di Ornella?!

Mi sento accarezzare le braccia, mi tengono per mano, alcuni si stringono a me e non mi molla o neanche quando cammino. Mi sembra strano che questi piccoli diavoletti mi facciano sentire una persona importante, qui in questo posto in Africa, così lontano da casa mia.

Basta poco che per loro diventi un riferimento, ti osservano, studiano il tuo modo di parlare, imitano i tuoi gesti. Sanno che vieni da molto lontano e questo li incuriosisce.

Con loro improvviso i giochi più semplici. Ne prendo uno per le mani e comincio a ruotare su me stesso, questa cosa lo diverte molto e diventa una vera e propria attrazione per gli altri. Non c’è niente qui e bisogna ingegnarsi con poco a disposizione, per giocare questi bambini utilizzano corde, sassi, e giochi fatti in maniera rudimentale con rottami e cose simili. Qui è tutto diverso, senza le comodità e le tecnologie di cui siamo abituati.

Comincio ad affezionarmi alle cose e alle persone che trovo qui.

Mi piace il loro modo di vivere e la loro ospitalità.

Mi piace che nella loro povertà hanno sempre qualcosa da donarti, da condividere con te.

Visita il sito dell’associazione di Severino “I bambini di di Ornella” e scopri come puoi dare un’aiuto concreto alla causa.

L’arrivo a Dakar.

Arriviamo finalmente a Dakar, dove ci aspetta un omino con la barba bianca, accompagnato da due angeli neri. Questo signore è il protagonista di un sogno, è forse una delle persone che ognuno di noi dovrebbe essere.giava fra quelle pareti.

Intorno a noi no c’è il panorama di una città esotica che ti accoglie con qualche signorina carina, e un garzone che ti porta le valigie in macchia.

Mi ritrovo immerso in un luogo impregnato di tristezza.

Mi si parano davanti un gruppo di persone che cercano a tutti i costi di portarmi le valigie, e in cuor mio, non credo che lo facciano per portarle in macchina.


Più avanti troviamo un furgoncino, che all’apparenza, mi pare più grande dell’aereo sul quale abbiamo viaggiato, e di gran lunga più affidabile.


Arrivando al furgone la folla di uomini che cercano di prenderci le valigie aumenta e d’improvviso vedo che , l’omino con la barba bianca comincia una trattativa spietata che lo porterà a diventare furioso nei confronti di uno di loro.

Non credevo che un uomo cosi pacifista potesse essere cosi irruento e riuscire a tenere testa a uno alto più di lui.

L’arrivo a Yene Kelle


Il viaggio da Dakar a Yene Kelle è lungo e di notte forse sembrerà interminabile.

Dal finestrino riesco a vedere le case e i negozi di questa città che sembra fermata in un tempo ormai passato.

Le abitazioni non superano mai i due piani, forse i due piani se li possono permettere i più ricchi.


Ai bordi di questa grande strada troviamo parcheggiate tante auto e parecchie di queste mi danno la sensazione che siano li da una vita, ferme ad aspettare un proprietario che le potesse utilizzare.

Pensavo fosse difficile vivere da queste parti ma non fino a questo punto.
Dopo 62 ore di attività finalmente un po’ di riposo. Abbiamo finito le giornate dedicate ai sopralluoghi ed ora ci siamo meritati una bella rinfrescata.

Solo che c’è un piccolo problema tecnico… non abbiamo acqua. E questo diventa grave soprattutto se ci si mette anche la stanchezza e la mancanza di un secchio.

Mi sento catapultato indietro nel tempo, in uno di quei ricordi che mia nonna mi raccontava, quando si parlava della sua infanzia.

La condivisione in situazioni estreme può essere una cosa importante, e noi per fortuna lo facciamo alla grande.

La nostra squadra non si ferma davanti a niente.