Blog Archivi - Vittorio Errico https://vittorioerrico.it/category/blog/ Art Director & Photographer Wed, 24 Feb 2021 13:01:05 +0000 it-IT hourly 1 https://wordpress.org/?v=6.4.4 Il nuovo è sempre “più migliore”? Storia di un logo trattato male. https://vittorioerrico.it/2021/02/24/il-nuovo-e-sempre-piu-migliore/ https://vittorioerrico.it/2021/02/24/il-nuovo-e-sempre-piu-migliore/#respond Wed, 24 Feb 2021 11:51:11 +0000 https://vittorioerrico.it/?p=1209 Nella vita il mio lavoro mi ha dato tante soddisfazioni, ma anche qualche dispiacere. Oggi voglio soffermarmi proprio su uno di questi. Le radici di questa storia risalgono al lockdown di marzo 2020. Un cliente poi diventato amico (col quale avevamo provveduto a realizzare già un lungo percorso fatto di disegno del logotipo, gran parte […]

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Nella vita il mio lavoro mi ha dato tante soddisfazioni, ma anche qualche dispiacere. Oggi voglio soffermarmi proprio su uno di questi.

Le radici di questa storia risalgono al lockdown di marzo 2020. Un cliente poi diventato amico (col quale avevamo provveduto a realizzare già un lungo percorso fatto di disegno del logotipo, gran parte del coordinato aziendale, foto still life dei prodotti e altro ancora) mi chiamò.

Durante la nostra chiacchierata si aprì e mi confessò le difficoltà economiche che stava attraversando, chiedendomi di interrompere la comunicazione. 

Lì per lì non potei che esprimere la mia completa comprensione dandogli tutto il supporto possibile, modificando alcuni aspetti del progetto per adattarlo al cambio di rotta del suo business che progettammo insieme, e realizzando il tutto pro bono.

Il primo lockdown è stata una bestia nera, noi stessi eravamo in grande difficoltà a causa dei cambi di rotta dei nostri committenti e non ci restava altro che fare rete, trovando nella solidarietà e comprensione reciproca la forza per tirare avanti.

Ora ti starai chiedendo “Quindi? Qual è la delusione di cui volevi parlarmi?”.

Una mattina, durante una sessione di scrolling su instagram, comparve sulla bacheca una grafica inaspettata.

Quello che ormai era diventato un mio ex cliente si stava mostrando con un logo modificato, svilito e privo dell’identità che tanto avevamo ricercato in fase di realizzazione. È stato subito palese il lavoro realizzato da un’altra agenzia di comunicazione.

Ci sono rimasto male? Sì, ma non per quello a cui stai pensando, anzi. La mia delusione deriva da due aspetti che recrimino a me stesso.

Il primo tasto dolente è: non esser riuscito a instaurare trasparenza tra me e il cliente. 

Credo che la trasparenza sia tutto e, come in ogni tipo di rapporto, sono convinto che anche tra azienda e studio ci sia un inizio e una fine. 

Non ci avrei visto nulla di male se quel giorno il mio cliente mi avesse detto “voglio interrompere il rapporto con studiomono” per poi iniziarne uno nuovo con un’agenzia, professionista o chicchessia. A volte il cambio può derivare dalla volontà di cambiare stile, rinnovarsi e cercare qualcosa di diverso e so bene che un rapporto studio/cliente non sia eterno.

Il secondo tasto dolente è: non esser riuscito a trasmettere tratti identitari del logo al mio cliente. 

Forse a causa di una mia mancanza, non sono riuscito a infondere nel mio cliente l’importanza dei segni distintivi del suo logo e il rispetto che meritano. Diversamente avrebbe rifiutato la proposta presentata, chiedendo di realizzare qualcosa che rispettasse la sua immagine.

Perché ti ho riportato questo lungo aneddoto? La risposta è molto semplice.

Nel mio lavoro ci metto il cuore e so bene che un’azienda è come un figlio. Un logo non è soltanto un’immagine, un’azienda non è solo un edificio e ogni cosa ha la sua importanza. Dietro le aziende ci sono persone, vite dalle quali possono dipendere intere famiglie, che hanno la necessità di comunicare i propri valori.

Non è un caso se, nell’approcciarmi ad un nuovo lavoro, mi pongo con rispetto nei confronti del marchio già esistente.

Non sempre il nuovo distrugge il vecchio.

Vorrei che chiunque chieda di realizzare un progetto ad una nuova agenzia, chieda di rispettare le linee guida e l’immagine che si erano imposte all’origine.

Vorrei che non ci sia il timore di dire “no, questo non rispecchia i miei valori e l’identità del mio marchio”, perché la loro inosservanza è forse l’errore più grande e grossolano che si possa commettere in comunicazione.

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Esplosione di colori. Il carnevale secondo la piccola Rita. https://vittorioerrico.it/2021/02/16/esplosione-di-colori-il-carnevale-secondo-la-piccola-rita/ https://vittorioerrico.it/2021/02/16/esplosione-di-colori-il-carnevale-secondo-la-piccola-rita/#respond Tue, 16 Feb 2021 20:29:47 +0000 https://vittorioerrico.it/?p=1189 Provare a guardare il mondo con gli occhi di un bambino non è semplice, eppure è un esercizio che tutti dovremmo fare. I disegni d’infanzia sono pura arte, ricchi di una sensibilità comunicativa propria a pochi adulti. Il carnevale, la spensieratezza, la felicità gioiosa della vita. Tutto espresso da colori e forme semplici ma fortemente […]

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Provare a guardare il mondo con gli occhi di un bambino non è semplice, eppure è un esercizio che tutti dovremmo fare. I disegni d’infanzia sono pura arte, ricchi di una sensibilità comunicativa propria a pochi adulti.

Il carnevale, la spensieratezza, la felicità gioiosa della vita.

Tutto espresso da colori e forme semplici ma fortemente espressive.

Osservando il disegno della piccola Rita sono caduto in un silenzio riflessivo, restando entusiasta dell’incredibile forza emotiva dei tratti.Un’esplosione di colori che ricopre ogni angolo dello spazio circostante.

“Dove ho già visto tutto ciò? A cosa mi riporta questo disegno?”.

Il rimando è stato immediato: lo spot di Sky Arte!

La potenza espressiva di una bambina delle elementari, priva di filtri e canoni accademici,
ha raggiunto così vette altissime di significato, raggiungendo l’essenza di un messaggio ideato da un team di creativi solo a seguito di ore ed ore di lavoro.

È incredibile la carica emotiva trasmessa dai tratti del pastello impugnato da un bambino.

Incredibile come tutto ciò arrivi alla pancia dell’osservatore, al quale non resta che ammirare.

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Smart working o lavoro in studio? https://vittorioerrico.it/2021/01/25/smart-working-o-lavoro-in-studio/ https://vittorioerrico.it/2021/01/25/smart-working-o-lavoro-in-studio/#respond Mon, 25 Jan 2021 10:00:58 +0000 https://vittorioerrico.it/?p=1025 Ormai sentiamo dire questa parola troppo spesso. Abbiamo imparato a conoscerla in un periodo orribile e parecchi prima non ne sapevano nemmeno l’esistenza. Ma che cosa significa per noi oggi? Mi sono sempre impegnato ad avere uno studio nel quale accogliere i miei clienti o dove ritrovarmi con i miei collaboratori. Qualche volta ho pensato […]

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Ormai sentiamo dire questa parola troppo spesso. Abbiamo imparato a conoscerla in un periodo orribile e parecchi prima non ne sapevano nemmeno l’esistenza. Ma che cosa significa per noi oggi?

Mi sono sempre impegnato ad avere uno studio nel quale accogliere i miei clienti o dove ritrovarmi con i miei collaboratori.

Qualche volta ho pensato di farne a meno, riducendo così le spese e le energie per sostenerlo… ma poi ho cambiato idea. Avere un luogo di incontro dedicato, ed in linea con quelle che sono le mie esigenze lavorative, mi ha sempre stimolato.

Al mattino quando scendo per raggiungere il mio studio è come puntare la bussola verso casa. Una direzione da prendere ed una meta da raggiungere ogni giorno. Sulla scrivania gli appunti del giorno prima, la luce che filtra dalla vetrata, quel profumo che sa di lavoro. Un posto dove incontrare chi collabora con me e riunirsi intorno ad un buon caffè per discutere, organizzare, creare.

Poi arriva la pandemia che ci obbliga a restare a casa e modifica le nostre giornate. Trovare un metodo di condivisione in cloud, riunioni in video conferenza, fotografie di appunti da condividere.

Ma lo smart working era ed è sempre stato il mio metodo.

Sì, perché ho sempre avuto il mio lavoro in un portatile, avendo la possibilità di aprire un device ed essere connesso con il mio lavoro.

Eppure in questo periodo mi è mancato tanto lo studio. L’ho cercato e l’ho vissuto comunque… anche in solitudine, perchè lo studio è casa mia.

Non credo che lo smart working vada bene per ogni tipo di attività. Di sicuro può essere un metodo utile in alcuni lavori ma non nel mio. L’esigenza di stare seduti allo stesso tavolo e di condividere le stesse idee, ascoltando un brano, disegnando sullo stesso foglio, toccando le carte o sfogliando le pagine di un libro.

La creazione di un nuovo marchio, o lo studio di un packaging, esige un lavoro di squadra, e il flusso condiviso di idee. Flussi spesso filtrati dalla tecnologia o non sempre fruibili a distanza.

Insomma, lo smart working è sempre esistito per me ma, potendo scegliere, preferisco vivere il mio studio e condividerlo insieme a chi lo vive con a me.

Sarò tradizionalista, ma a me piace così.

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Da cosa si riconosce un buon cliente? https://vittorioerrico.it/2021/01/24/da-cosa-si-riconosce-un-buon-cliente/ https://vittorioerrico.it/2021/01/24/da-cosa-si-riconosce-un-buon-cliente/#respond Sun, 24 Jan 2021 19:14:53 +0000 https://vittorioerrico.it/?p=1049 Sono oltre 15 anni che faccio questo lavoro. Un lavoro che chiamo ancora passione. Da parecchi anni mi ritrovo a confrontarmi con un tema molto arduo: il mio cliente ha le idee chiare? Sì, perché questa è l’unica cosa da non sottovalutare quando si lavora con una committenza. Riuscire a comprendere l’idea di chi ti […]

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Sono oltre 15 anni che faccio questo lavoro. Un lavoro che chiamo ancora passione.

Da parecchi anni mi ritrovo a confrontarmi con un tema molto arduo: il mio cliente ha le idee chiare?

Sì, perché questa è l’unica cosa da non sottovalutare quando si lavora con una committenza.

Riuscire a comprendere l’idea di chi ti sta chiedendo di realizzare qualcosa per se o per la sua azienda.

Tantissime volte (soprattutto nei primi anni) facevo l’errore di proporre delle cose che appartenevano alla mia idea di immagine o di design, ma che in realtà si allontanavano molto da quella del mio cliente.

Forse per mia inesperienza oppure perché, in quel caso, il mio committente non aveva le idee ben chiare.

Come faccio adesso in studiomono ad avere le idee chiare su cosa vogliono e cosa piace ai nostri clienti?

Nel corso degli anni ho imparato a capire, e studiare, i gusti personali di chi mi chiede un progetto. È molto importante capire con chi sto parlando e qual è il suo background.

Da non sottovalutare è lo stile che il mio cliente vuole dare alla propria azienda. Non mi dimentico mai  che il nostro lavoro verrà impiegato per questa realtà e che dovrà soddisfare tutte le esigenze di chi lo commissiona.

Questo ovviamente non significa che ogni progetto verrà realizzato per accontentare chi lo commissiona, perché deve esserci sempre qualcosa di mio. Qualcosa che propone il professionista nel quale confida chi chiede un progetto.

Ovviamente si lavora meglio quando, chi ti chiede di progettare qualcosa per sé, ha le idee molto chiare. Sì, perché in quel caso si lavora in linea.

Non c’è miglior cliente di chi già sa il fatto suo.

Tanti colleghi mi dicono che con un cliente che ha le idee ben chiare si hanno molti paletti nella commissione. Ma il segreto sta proprio in questo!

Meglio un committente che ha le idee chiare e ferme invece di uno che ti lascia brancolare nel buio.

Spesso mi sono ritrovato a correre dietro una cosa inesistente, e che non accontentasse le aspettative di chi commissionava quel lavoro, il tutto proprio perché non c’erano idee concrete di quello che si chiedeva.

In questo caso la scelta migliore è stata quella di fermarsi e di ricominciare da capo, cercando fino in fondo di capire dove fosse conservata quella lampadina accesa.

La mente di un cliente è come una stanza piena di cose messe a caso: influssi dall’esterno, da altre aziende competitor, dai social media sempre pieni di informazioni, dalla televisione con target sempre più fuori fuoco.

Riconoscere la direzione da prendere attraverso l’ascolto, la comprensione delle esigenze, lo studio della soluzione migliore e l’attuazione di un progetto in linea con le aspettative.

Il mio lavoro mi piace sempre di più, perché mi pone ogni giorno davanti a tutto questo, e la soddisfazione maggiore è quella di riuscire sempre a realizzare qualcosa che restituisca, a chi mi commissiona un progetto, tutto quello che desidera.

Amo il mio lavoro, e tu?

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Ti conosco mascherina https://vittorioerrico.it/2021/01/21/ti-conosco-mascherina/ https://vittorioerrico.it/2021/01/21/ti-conosco-mascherina/#respond Thu, 21 Jan 2021 21:13:45 +0000 https://vittorioerrico.it/?p=1007 Se chiedessi a qualcuno dove ha comprato la sua mascherina, lui ti risponderebbe: al tabacchi, oppure in farmacia, su quell’e-commerce o su quell’altro, o ancora dal suo sarto, nell’atelier sotto casa, nel negozio al centro commerciale, magari addirittura griffata di quel brand o di quell’altro. La mascherina, ormai, è diventata un’icona dell’anno che ci lasciamo […]

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Se chiedessi a qualcuno dove ha comprato la sua mascherina, lui ti risponderebbe: al tabacchi, oppure in farmacia, su quell’e-commerce o su quell’altro, o ancora dal suo sarto, nell’atelier sotto casa, nel negozio al centro commerciale, magari addirittura griffata di quel brand o di quell’altro.

La mascherina, ormai, è diventata un’icona dell’anno che ci lasciamo alle spalle e di un’epoca segnata dalla paura e dal pessimismo.

Come la Marilyn di Warhol, la Gioconda di da Vinci, come i baffi di Dalì: icone che hanno segnato le immagini del nostro tempo. La vedranno sui libri di storia, nei cataloghi dell’arte contemporanea, sui ritagli di giornale conservati in un cassetto.

Come sarebbe stata quest’epoca senza questo simbolo che ci ha diviso e che ci ha legati tutti? Potevamo mai immaginare che un dispositivo chirurgico, simbolo di una determinata o più malattie, oppure di una o l’altra professione, diventasse il simbolo di una popolazione unica? Uniti sotto la stessa bandiera che ora è dotata di due elastici di tipo FFP3.

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Fortuna che non ci sei https://vittorioerrico.it/2020/12/07/fortuna-che-non-ci-sei/ https://vittorioerrico.it/2020/12/07/fortuna-che-non-ci-sei/#respond Mon, 07 Dec 2020 13:32:26 +0000 https://vittorioerrico.it/?p=999 Fortuna che non ci sei, oggi. Hai evitato di vivere un brutto periodo. Sono scomparse tante persone a cui tenevi. Persone che hai amato e che ti hanno amata. Ma poi anche tante altre che non conoscevi nemmeno. Come una guerra, migliaia di morti. Dicono per colpa di un virus…secondo me per colpa chi doveva […]

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Fortuna che non ci sei, oggi. Hai evitato di vivere un brutto periodo. Sono scomparse tante persone a cui tenevi. Persone che hai amato e che ti hanno amata. Ma poi anche tante altre che non conoscevi nemmeno. Come una guerra, migliaia di morti. Dicono per colpa di un virus…secondo me per colpa chi doveva fare cose che non ha fatto e poi se la prendono con i medici.

Fortuna che non ci sei, perché avresti visto una famiglia ridotta a brandelli. Forse, proprio perché non ci sei.
Fortuna che non ci sei perché mi avresti visto fallire. Fallire nel lavoro come il professionista che manco d’essere, fallire nella vita come uomo e padre mancato. Forse questa, conoscendoti, sarebbe stata una delle cose più strazianti per te. Per te che amavi il nostro futuro, il mio e quelli di tutti noi. Sarebbe stato straziante per te perché al solo pensiero di vedermi piangere saresti stata male.
Fortuna che non ci sei, perché t’avrei promesso di fare cose che non sarei riuscito a mantenere. Come quella volta che mi dicesti, nel letto di casa tua che stavi morendo ed io esclamai “Ma quanne maje!?!? Vedrai che adesso in ospedale di daranno qualcosa per farti stare meglio e passerà tutto.” Quella frase te l’ho detta sul serio, perché ci credevo davvero. Ti ho detto quelle parole perché ci credevo…ma poi, non è stato così.
Fortuna che non ci sei perché sarebbe stato brutto vederti, oggi, festeggiare un compleanno e mentirti su come stavo. Come quelle volte che lo facevo e ti dicevo: “Sto bene. Va tutto bene.”
Forse, l’unica sfortuna perché non ci sei, è quel caffè che mi prepararvi subito dopo che te lo dicevo. Perché sapevi che qualcosa non andava e facevi finta, che intanto, andasse tutto bene. Quel caffè che riparava ogni danno, e diventava uno scudo col quale affrontavo la vita. Quel caffè che mi ha fatto crescere e dimenticare.
Fortuna che non ci sei…ma manchi comunque.
Auguri, ovunque tu sia.

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Dai mosaici a Lichtenstein – Il retino e la magia della stampa https://vittorioerrico.it/2020/07/07/dai-mosaici-a-lichtenstein-il-retino-e-la-magia-della-stampa/ https://vittorioerrico.it/2020/07/07/dai-mosaici-a-lichtenstein-il-retino-e-la-magia-della-stampa/#respond Tue, 07 Jul 2020 06:20:17 +0000 https://vittorioerrico.it/?p=970 Qualche giorno fa ero in tipografia ed ho cominciato a smanettare con un lentino tipografico intanto che chiacchieravo con i miei amici tipografi. Ho sfilato il cellulare dalla tasca ed ho fatto alcune foto di quello che vedevo: un foglio di giornale che avvolgeva delle lastre. Compare così, il retino tipografico. L’illusione ottica creata dall’accostamento di […]

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Qualche giorno fa ero in tipografia ed ho cominciato a smanettare con un lentino tipografico intanto che chiacchieravo con i miei amici tipografi. Ho sfilato il cellulare dalla tasca ed ho fatto alcune foto di quello che vedevo: un foglio di giornale che avvolgeva delle lastre. Compare così, il retino tipografico. L’illusione ottica creata dall’accostamento di diversi punti o tratti con tonalità di colori o grigi che l’occhio umano non riesce a distinguere.

Se penso che ancora oggi usiamo tecniche di oltre 200 anni fa, rinnovate e modificate, ma comunque fedeli ad un concetto che viene dal passato. Quando la stampa ancora non prendeva il posto della pittura e della scrittura c’erano stati diversi esperimenti di “retini”. Mi riferisco ai Mosaici dell’antichità, al tratteggio in chiaroscuro di Da Vinci, o quello degli affreschi di Michelangelo, al puntinismo di Seurat o Signac.

[ Queste e la foto in copertina le ho scattate in tipografia ] 

Il tratteggio, il retino, il pixel. Scoperte che appartengono ad epoche completamente diverse, e tecniche utilizzate in settori che non si appartengono. Fino a quando non comincia la promiscuità delle arti visive. Fino a quando i graphic designer, gli artisti contemporanei, i videomakers non iniziano a fondere queste tecniche per fare propri i concetti e creare nuovi linguaggi. Esemplari le opere di Roy Lichtenstein, che guardava in macro la texture del retino tipografico tradizionale.

[ Roy Lichtenstein ] 

Eppure quando andiamo al bar e ci soffermiamo, dopo il caffè, a dare uno sguardo alle ultime notizie, il nostro occhio non si sofferma sulla tecnica litografica utilizzata per stampare quel pezzo di carta, e neanche sull’insieme di puntini casuali che compongono quelle immagini. Guardiamo i nostri eroi dello sport, i politici corrotti, le notizie disastranti economiche, e ci chiediamo quanti altri contagi ha fatto il covid-19.

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Come trovare l’ispirazione – Le mie non regole https://vittorioerrico.it/2020/05/08/come-trovare-lispirazione-le-mie-non-regole/ https://vittorioerrico.it/2020/05/08/come-trovare-lispirazione-le-mie-non-regole/#respond Fri, 08 May 2020 10:00:13 +0000 https://vittorioerrico.it/?p=964 La paura del foglio bianco attacca tantissimi disegnatori, autori, creativi in genere. Ma la paura più grande è la paura di avere paura del foglio bianco. Sembra un gioco di parole ma alla base del “blocco dell’autore” c’è la paura del blocco. Una mente poco allenata ha meno attitudine ai processi creativi. Un processo creativo […]

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La paura del foglio bianco attacca tantissimi disegnatori, autori, creativi in genere. Ma la paura più grande è la paura di avere paura del foglio bianco. Sembra un gioco di parole ma alla base del “blocco dell’autore” c’è la paura del blocco. Una mente poco allenata ha meno attitudine ai processi creativi. Un processo creativo è la sequenza di immagini o pensieri che nascono da un pensiero o immagine e poi a cascata, come un effetto domino, arrivano ad un concetto più elaborato. Non è sempre d’obbligo che il punto di partenza sia la versione basic e quello d’arrivo si advanced –  quasi sempre ti capita che l’inizio del processo creativo sia in un punto totalmente diverso dall’idea materializzata alla fine del percorso. In poche parole: il processo creativo è un viaggio che nella nostra mente attraversa diverse città e posti da visitare.

Come faccio io ad ispirarmi? Non ho una regola ben precisa ma potrei riassumere in diversi metodi la ricerca che faccio per lavorare ad un progetto nuovo, se l’idea non arriva.

Fare la spesa al supermercato

Posso capire che in tanti odino fare la spesa perchè ti fa perdere tempo e spesso ti stanca – pensando alle buste piene da portare a casa – io invece amo fare la spesa perchè mi ispira. Viaggiare fra gli scaffali di un supermercato ti aiuta a comprendere l’andamento del design nel mondo magico dei consumatori. La scelta del font per il restyling di una bottiglia d’olio, oppure la carta opaca di un pacco di biscotti possono diventare il punto di partenza di un’idea. Insomma se mi si inceppa il meccanismo non mi rimane che farmi l’elenco delle cose da mettere in dispensa e correre al supermercato.

La ricerca piantata in un vaso

I fiori o le piante, ma lo stesso sporcarsi le mani di terra innescano un meccanismo totalmente diverso da quello della passeggiata fra le corsie di un supermercato. In questo caso la mente riesce a liberarsi dalla zavorra delle troppe informazioni accumulate e puoi focalizzare l’attenzione su elementi semplici come la struttura di una foglia o una visione in “macro” di una zolla di terreno. Fra le foglie di una pianta di pomodori ho trovato l’ispirazione per la realizzazione di un logo. Non dico che stava li in mezzo alle foglie, ma è stato in quell’attimo di stasi che ho messo a fuoco una cosa che non avevo sotto gli occhi.

La pubblicità in TV

La varietà di immagini e di argomenti che saltano da un contesto all’altro in brevissimo tempo crea un maggiore dinamismo nella mente. Ma facciamo attenzione a non subirla in maniera passiva. Da piccolo mi appassionava guardare la televisione, ma di più, la pubblicità in televisione. Con il tempo ho capito che non guardavo quello che mi capitava davanti agli occhi, mi soffermavo sui dettagli. Cercavo di capire cosa ci fosse dentro e dietro alla scena. In che modo la cioccolata potesse uscire da un cornetto appena aperto, o come potesse un prodotto fluttuare su un tavolo senza vedere i fili che lo reggessero. Insomma, la pubblicità mi ispira perchè è un contenitore pieno di input e dopo averli drenati qualcosa rimane sempre. Non mi meraviglio quando mi dicono che mi appassiona guardare tutto, anche la pubblicità in televisione, che i maestri del telecomando evitano.

I concept nascosti nelle persone

Scendere a farsi una passeggiata in piazza, oppure prendere un caffè al bar mi aiuta a concentrare le forze su quello che mi rimane dentro alla testa. Non so per gli altri, ma io quando sono davanti ad una persona mi soffermo molto ad osservare i dettagli. Un neo, oppure una macchia negli occhi mi aiuta ad evadere da tutto quello che stava nella mia mente qualche secondo prima e mi ritrovo ad osservare il mio progetto dall’alto. Estrapolato furi dal contesto, in alto, dove il quadro completo si palesa davanti ai tuoi occhi. Si, proprio li è il posto in cui trovo l’ispirazione.

Più che un consigli su come trovare l’ispirazione potrebbero sembrare delle giustificazioni al non fare niente, oppure alle troppe volte che sono in un posto e mi blocco a fissare il vuoto. Credo che forse sia proprio quello il senso. Una regola fissa non c’è ma l’unico segreto è: distogliere lo sguardo da quel foglio bianco, la strada per affrontarlo dopo qualche ora, o giorno, con una visione più chiara. La vera ragione che mi fa amare il mio lavoro è proprio questa. Non esistono regole contro la paura del blocco del foglio bianco, ma esiste un modo per non avere paura di avere paura. Il tempo che scorre è esso stesso un’esperienza creativa. Quasi sempre, alla fine di ogni giornata, esclamo la frase “Anche oggi non ho fatto niente!” – in realtà non è così.

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L’omino della Bialetti. Personaggio o marchio? https://vittorioerrico.it/2019/09/15/lomino-della-bialetti-personaggio-o-marchio/ https://vittorioerrico.it/2019/09/15/lomino-della-bialetti-personaggio-o-marchio/#respond Sun, 15 Sep 2019 19:13:26 +0000 https://vittorioerrico.it/?p=941 Ho preso un caffè a casa di mia cugina. Uno dei soliti 10 caffè che prendo al giorno. Sulla tazza ho visto un disegno che mi ha sempre incuriosito ed affascinato. L’omino Bialetti. Quell’ominio stilizzato, protagonista di tante storie, ma anche di un’Italia d’altri tempi. L’omino della Bialetti nasceva nello stesso periodo nel quale nacque […]

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Ho preso un caffè a casa di mia cugina. Uno dei soliti 10 caffè che prendo al giorno. Sulla tazza ho visto un disegno che mi ha sempre incuriosito ed affascinato. L’omino Bialetti.

Quell’ominio stilizzato, protagonista di tante storie, ma anche di un’Italia d’altri tempi. L’omino della Bialetti nasceva nello stesso periodo nel quale nacque “Il Carosello”, una trasmissione RAI che dava i natali a quello che adesso chiameremo semplicemente pubblicità.

 

L’uomo geniale che creò da un foglio di carta bianco quest’icona degli anni cinquanta si chiamava Paolo Campani in arte Paul Campani. Paul, l’uomo che creò la Paul Film, una vera e propria azienda che produceva cartoni animati. In Italia!

La matita di Paul ha dato vita a molti personaggi, che poi hanno avuto una continuità anche fuori dal Carosello: come il piccolo Calimero che tutti ricordiamo essere il personaggio dello spot AVA diventato poi un vero e proprio cartone animato per bambini. Un’intera infanzia per i miei genitori e che ancora oggi persiste fra le trame dei miei ricordi.

Su quella tazzina un personaggio o un logo? Un marchio o un fumetto?

Questo il vero genio di Paul Campani, la creazione di un personaggio, l’interpretazione di un attore-cartone, che esisteva nelle pagine di una sceneggiatura ed entrava nelle case degli italiani con un prodotto da vendere sotto il braccio. Gli inglesi reputavano assurdo dare tutto questo spazio ad una storia in televisione (più di due minuti) senza riempirlo con altri messaggi pubblicitari.

In Italia invece funzionava!

Mentre il pubblico si affezionava a quel buffo personaggio la propaganda commerciale prendeva spazio nell’immaginario collettivo.

Paul in un’intervista dichiarava di non essere un artista. Lui si definiva un commerciante. La Paul film ha dato il via ad un’epoca in cui la pubblicità in televisione avesse sempre una presenza più importante.  Questa presenza oggi è diventata, forse, prepotenza. Lo vediamo con l’inserimento dei prodotti commerciali nei film, o nelle trasmissioni televisive e nella forsennata ricerca della velocità ed immediatezza nel messaggio commerciale. Chissà se Paul avesse previsto questo scenario a distanza di sessant’anni da quella che era l’epoca del Carosello in TV?

Una strip di come si fa il caffè firmata da Paul Campani

 

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Una presentazione a Caserta… https://vittorioerrico.it/2014/06/06/una-presentazione-a-caserta/ https://vittorioerrico.it/2014/06/06/una-presentazione-a-caserta/#respond Fri, 06 Jun 2014 18:00:00 +0000 https://blog.vittorioerrico.it/post/88002562974 Una presentazione a Caserta… Sto facendo qualche scatto fra la folla e alle mie spalle s’avvicina Lei. Una piccola donna, niente auto ne guardie del corpo ad accompagnarla, dovrebbero esserci, perché è la protagonista. In punta di piedi si avvicina all’ingresso del teatro, lo fa come nella vita di chiunque la conosca; vi entra in […]

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Una presentazione a Caserta…

Sto facendo qualche scatto fra la folla e alle mie spalle s’avvicina Lei. Una piccola donna, niente auto ne guardie del corpo ad accompagnarla, dovrebbero esserci, perché è la protagonista. In punta di piedi si avvicina all’ingresso del teatro, lo fa come nella vita di chiunque la conosca; vi entra in silenzio e ci rimane per sempre. Alcuni suoi amici la fermano abbracciandola e dandogli baci, gli altri presenti all’ingresso si accorgono solo ora di Lei e cominciano a circondarla. Io sono nascosto fra tutti e la macchina fotografica mi copre il volto. Si apre uno squarcio fra la gente, quasi come a volersi creare un canale fra Lei e me. Il suo viso mi riempie l’inquadratura, si accorge di me e mi punta con lo sguardo. Non mi riconosce, decido di abbassare la macchina fotografica.
I nostri occhi ora si possono incontrare, senza l’interferenza delle lenti. Mi viene incontro, mi abbraccia e mi stringe la mano, me la stringe forte e i suoi occhi si riempiono di lacrime. In quell’istante c’è tutto un tempo, un passato molto lontano. Sono sempre stato grato alla sua sensibilità, al suo essere mamma e donna. Gli insegnamenti avuti da questa piccola guerriera che ora mi si presenta davanti, forte e fragile, mi hanno accompagnato per tutta una vita. L’unica cosa che riesco a dirle è: “Non potevo mancare.” Si, non potevo perdermi un momento così importante della sua vita, il passo che la renderà sempre più apprezzata dal mondo dei conoscitori e dei pensanti.

Un mare di riconoscenti la avvolge, faccio fatica a vederla fra le persone che cercano di accaparrarsi un suo saluto. Si porta a fatica nella sala gremita, al suo ingresso uno scroscio di mani la accoglie, come si fa per una vera star. Le dediche che lascia sono tante, i saluti infiniti e il palco per Lei sembra allontanarsi ad ogni passo sempre di più. Gli alunni di oggi la salutano e gli portano in dono una tela, ed io fotografo questi ragazzi dalla felicità alle stelle. Gli alunni di oggi fotografati da quelli del passato. Non so se domani gli stessi che le hanno donato quella tela, staranno lì a fotografare gli alunni del futuro.

Ricordo, impresso come uno scatto una aduna le parole che aprono il suo intervento:

“Vorrei ringraziarvi tutti, e fare una riflessione: capisco che qui ci siano i miei alunni che, in vista dei quadri nella prossima settimana sono sotto ricatto e devono presenziare…ma voi? Voi che la scuola non la fate più? Grazie!”

C’ero anch’io in quelle parole, è così. La scuola non la faccio più, ma la voglia di seguire colei che mi ha cambiato la vita mi rimane sempre.

Forse posso dire che un ricatto lo vivo ed è la paura di non riuscire più a vedere Lei, il vero aspetto della cultura, quella che attraverso il nero prorompente dell’inchiostro lascia il segno nella bianca palude dell’indifferenza.

Grazie Nadia.

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Le puttane passano ai led https://vittorioerrico.it/2013/06/26/le-puttane-passano-ai-led/ https://vittorioerrico.it/2013/06/26/le-puttane-passano-ai-led/#respond Wed, 26 Jun 2013 22:57:00 +0000 https://blog.vittorioerrico.it/post/53966024279 Una lingua di asfalto, quella che percorri per arrivare nella città di Mitrha. Una terra squarciata in due, da quella che l’uomo di un tempo chiamava lastricata. Prima non c’era, ora esiste e devasta. Se era pietra alla pietra ora è catrame, lurido come le feci, come il veleno, è nero tumore. Si parla di […]

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Una lingua di asfalto, quella che percorri per arrivare nella città di Mitrha. Una terra squarciata in due, da quella che l’uomo di un tempo chiamava lastricata. Prima non c’era, ora esiste e devasta. Se era pietra alla pietra ora è catrame, lurido come le feci, come il veleno, è nero tumore.

Si parla di passato nel presente, si parla di quello che era e quello che è. Nessuno più si chiede quanto si stia correndo. Nessuno si pone un punto di domanda. É il progresso che inghiotte. Si corre sempre di più. Non ci si ferma a guardare, si passa e si va avanti. Veloci! Senza porsi il perchè, di come mai non ci si pone più un perchè.

E tutto un corri e vai qui signore, l’ho letto sul Corriere della Sera!

Come un manifesto futurista, si guarda a quel punto lontano e si va verso quello – il punto lontano. É dal passato che si viene e che si nasce, come dalla primordiale scintilla – il fuoco.

In una desolata landa desertica, nasce una piccola fiammella che accopagna l’essere definito superiore per tutta la vita. Caldo, per gli inverni e punto di riferimento per le navi. Purificatore dai demoni, dalle streghe e dimora del male.

Arde un piccolo ceppo sul ciglio della strada e tutti sappiamo che li c’è amore per gli spovveduti. Arde un piccolo ceppo sul ciglio della strada e la lampa dà luce alle sinuose forme della venere. Ardeva un ceppo sulla strada, ora le puttane passano ai led. Il progresso si ferma, e lo stolto paga per un quarto d’orologio. Il regresso ci consiglia di andare ancora piu avanti, dove l’amore potrebbe costar meno.

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Una serata con ArtiSticàMente https://vittorioerrico.it/2013/05/13/una-serata-con-artisticmente/ https://vittorioerrico.it/2013/05/13/una-serata-con-artisticmente/#respond Mon, 13 May 2013 18:42:00 +0000 https://blog.vittorioerrico.it/post/53211691415 Una serata con ArtiSticàMente Ieri sono stato al secondo degli eventi organizzato dai ragazzi dell’Associazione ArtiSticàMente, un evento che viene da un cliché già testato in passato, ma che però aveva perso un po’ di smalto. Nella serata di ieri, ho visto però, un particolare fermento, che mi ha riportato in dietro nel tempo a […]

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Una serata con ArtiSticàMente

Ieri sono stato al secondo degli eventi organizzato dai ragazzi dell’Associazione ArtiSticàMente, un evento che viene da un cliché già testato in passato, ma che però aveva perso un po’ di smalto. Nella serata di ieri, ho visto però, un particolare fermento, che mi ha riportato in dietro nel tempo a quando vivevo gli spazi della casa delle arti e che ricordo con una leggera malinconia.

I ragazzi di ArtiSticàMente sono riusciti a rendere viva la passione per l’associazionismo di tanti che conosco e in qualche modo hanno posato una pietra per una nuova era. Le facce che lavorano dietro ad un evento come”On-Art” sono tante, ed in ognuna di quella si vede la voglia di espressione e la capacità di organizzare e proporre. Tutto quello che ho visto ieri può essere solo il frutto di un gruppo affiatato che non ha paura di affrontare la fatica, i pregiudizi, e i signori della burocrazia. Un gruppo di lavoro che avrà un futuro solo se sarà considerato gruppo e non ci sarà spazio per un virus come l’individualismo.

Ne sono ancora pochi questi eventi e vorrei vederne tanti altri, perché il nostro territorio ne ha davvero bisogno e ne hanno bisogno i tanti ragazzi che, senza una passione e una strada da seguire, vagano per il paese inneggiando ideali che sono dettati da una ignoranza sempre più diffusa.

Posso solo ringraziare i ragazzi di ArtiSticàMente per la bella serata trascorsa e sperare che grazie a loro l’arte, la musica, e tutte le forme di espressione appartenenti alla nostra terra non possano finire nel baratro di una società sempre più sorda e cieca.

lefoto

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Don Chisciotte, Carluccio e la Fattucchiera https://vittorioerrico.it/2013/05/07/don-chisciotte-carluccio-e-la-fattucchiera/ https://vittorioerrico.it/2013/05/07/don-chisciotte-carluccio-e-la-fattucchiera/#respond Tue, 07 May 2013 18:50:00 +0000 https://blog.vittorioerrico.it/post/53212220857 Don Chisciotte, Carluccio e la Fattucchiera Finisce una tre giorni emozionante, fatta di sudore e divertimento. Finisce un piccolo viaggio realizzato con una compaia di “folli”, così ama definirli il regista. Parlo della messa in scena de Don Chisciotte , Carluccio e la Fattucchiera, fatta al Teatro Civico 14 dal 3 al 5 Maggio, con […]

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Don Chisciotte, Carluccio e la Fattucchiera

Finisce una tre giorni emozionante, fatta di sudore e divertimento. Finisce un piccolo viaggio realizzato con una compaia di “folli”, così ama definirli il regista. Parlo della messa in scena de Don Chisciotte , Carluccio e la Fattucchiera, fatta al Teatro Civico 14 dal 3 al 5 Maggio, con la regia di Antonio Iavazzo e la mia fotografia.

Durante queste giornate ho avuto modo di conoscere nuove persone e confermare un meraviglioso rapporto con altre che già conoscevo. Queste giornate sono l’ideale per ricercare nuovi stimoli e nuovi interessi, in un mondo in continua evoluzione come quello del teatro.

Il testo scritto da Antonio Magliulo e riadattato in una maniera straordinaria da Antonio Iavazzo, riporta una storia diversa dal Don Chisciotte che tutti conosciamo, caratterizzato da una struttura che abbraccia i più pinti i toni della commedia dell’arte. Personaggi ambientati in una Napoli del ‘600 colpita dalla fame, e protagonisti di intrecci sentimentali e anime “affatturate”, che si sfidano l’un l’altra a suon di bastonate e filtri d’amore. Come in tutte le opere di Antonio Iavazzo non mancano le figure danzanti che, attraverso i movimenti e i gesti di discipline millenarie, rievocano la spiritualità e la vera anima delle “creature teatrali” di questo virtuoso regista.

Insomma uno spettacolo complicatamente leggero, che affronta tutte le difficoltà dell’uomo attore e dell’uomo spettatore. Scene di fantastici amori e grotteschi duelli, nati dalla mente di un “folle” che guida un gruppo di “folli”.

spettacolo
dietrolequinte

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Addio Lucio Dalla https://vittorioerrico.it/2013/03/01/addio-lucio-dalla/ https://vittorioerrico.it/2013/03/01/addio-lucio-dalla/#respond Fri, 01 Mar 2013 20:25:00 +0000 https://blog.vittorioerrico.it/post/53457264112 addio lucio dalla #unocomepochi

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addio lucio dalla

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Cinque del mattino https://vittorioerrico.it/2012/04/12/cinque-del-mattino/ https://vittorioerrico.it/2012/04/12/cinque-del-mattino/#respond Thu, 12 Apr 2012 19:20:00 +0000 https://blog.vittorioerrico.it/post/53456908065 Resto qui, immobile, sospeso fra un ieri e un forse ti farò sapere. Non riesco a salutarti dicendo ciao, e nemmeno a chiederti perché. Però lo faccio, ascolto il silenzio che mi gira intorno e vedo che oltre al rumore dell’hard-disk, e quello delle auto che sfrecciano in lontananza, io non sento niente. Cerco di […]

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Resto qui, immobile, sospeso fra un ieri e un forse ti farò sapere. Non riesco a salutarti dicendo ciao, e nemmeno a chiederti perché. Però lo faccio, ascolto il silenzio che mi gira intorno e vedo che oltre al rumore dell’hard-disk, e quello delle auto che sfrecciano in lontananza, io non sento niente. Cerco di capire ma non ci riesco, o forse ho già capito da tempo e me ne accorgerò domani. Scrivo un post-it sulla mia scrivania: “non ti dimenticare di riflettere”. Domani lo devo fare, devo almeno entro le tre del pomeriggio, riuscire a capire. Perché mi trovo solo, davanti al monitor spento, poggiato sulla mia scrivania con la penna fra le dita. E sono soltanto le cinque del mattino.

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buon compleanno https://vittorioerrico.it/2012/03/29/buon-compleanno/ https://vittorioerrico.it/2012/03/29/buon-compleanno/#respond Thu, 29 Mar 2012 19:23:00 +0000 https://blog.vittorioerrico.it/post/53457114703 buon compleanno E come tutte le storie che vanno avanti nel tempo, quella del mio blog è arrivata al 1 compleanno. Un anno fa cominciai a scrivere su questo spazio finito argomenti indefiniti. Un anno pieno di cambiamenti, pieno di avventure, di delusioni, di sconfitte e di vittorie. Un anno che mi ha visto protagonista […]

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buon compleanno

E come tutte le storie che vanno avanti nel tempo, quella del mio blog è arrivata al 1 compleanno. Un anno fa cominciai a scrivere su questo spazio finito argomenti indefiniti.

Un anno pieno di cambiamenti, pieno di avventure, di delusioni, di sconfitte e di vittorie. Un anno che mi ha visto protagonista di giornate meravigliose, oppure spettatore passivo di quello che amo definire brutto tempo. Un giorno particolare questo, perché come ogni anno in questo giorno, da quando sono nato, io festeggio la mia nascita. Forse è errato dire ogni anno perché da un paio d’anni a questa parte non è più la stessa cosa. Da qualche tempo a questa parte molte delle occasioni che amavo festeggiare sono svanite nel nulla, come svaniscono i sogni. Io credo che parte dei nostri sogni vadano a finire in un luogo ben definito, e che poi col tempo, riusciremo a trovare questo posto, e proprio li, ogni uno di noi, riuscirà a rivivere tutto quello che non ha potuto in una vita intera. In quel posto ci sarebbero tante persone, e tante cose, i più di mille oggetti persi in una vita, come la macchinina rossa che avevo da bambino. Oppure riuscirei a trovare la fortuna che ho perso per strada, o forse la vita che restò chiusa dietro quella porta bianca della terapia intensiva. Una porta chiusa troppo tempo e troppo presto, e che forse non poteva esistere, se dietro ad ogni “non preoccuparti” ci fosse stata, l’attenzione che ha una madre per il proprio figlio. Non che gli anni passati siano da rimpiangere, ma di sicuro i silenzi e le assenze sprecate si. Non mi resta altro che dire buon compleanno a me che sto ancora qua a scrivere tutto quello che mi passa per la testa e, buonanotte a te, che da sempre mi guardi e non sai dire altro che… statt accort a nonn.

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la non curantia https://vittorioerrico.it/2012/02/27/la-non-curantia/ https://vittorioerrico.it/2012/02/27/la-non-curantia/#respond Mon, 27 Feb 2012 20:27:00 +0000 https://blog.vittorioerrico.it/post/53457365174 Avere la sensazione che sbagli sempre. Discorsi buttati al vento che non ritorneranno mai indietro. Aggressioni scolpite sulla pelle di una lei che non è la tua ragazza. Lei vita da cane ma senza le pulci. Vita molesta di un insegnate con lo sguardo alla classe vuota. Voltando la pagina è che scopri il bianco […]

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Avere la sensazione che sbagli sempre. Discorsi buttati al vento che non ritorneranno mai indietro. Aggressioni scolpite sulla pelle di una lei che non è la tua ragazza. Lei vita da cane ma senza le pulci. Vita molesta di un insegnate con lo sguardo alla classe vuota. Voltando la pagina è che scopri il bianco di un libro finito prima dell’inizio. Non ti vedo più come prima, allo specchio di quelle mattine di primavera. Tornando in te è che a te si ritorna. Mente che viaggia da sola sull’autostrada della non curantia.

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l’amata veste https://vittorioerrico.it/2012/01/03/l-amata-veste/ https://vittorioerrico.it/2012/01/03/l-amata-veste/#respond Tue, 03 Jan 2012 20:35:00 +0000 https://blog.vittorioerrico.it/post/53457884159 l’amata veste Poter avere il tempo stamattina di scendere i gradini del suo impero, ritrovare in terra la faccia di un uomo tradito dal suo orgoglio, riflessa nella lurida pozzanghera della gelosia. Mani d’avorio e di pietra che ruvide, graffiano la pallida superficie del suo volto. Oceani che devasteranno intere terre, nulla di tutto quello […]

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l’amata veste

Poter avere il tempo stamattina di scendere i gradini del suo impero, ritrovare in terra la faccia di un uomo tradito dal suo orgoglio, riflessa nella lurida pozzanghera della gelosia. Mani d’avorio e di pietra che ruvide, graffiano la pallida superficie del suo volto.

Oceani che devasteranno intere terre, nulla di tutto quello che potrà essere la sua vita senza lei che con l’amaro in bocca ti sorride e si lascia cadere. Vorreste voi poter vedere ciò che il dio crudele ed invidioso ha creato per poi tener nascosto. Vorreste voi creder a ciò che il cuore chiede senza strappar l’amata veste. Crediate voi che con accento straniero, chi bussa alla sua porta non potrà utilizzare il suo linguaggio, poiché serva di un dialetto ormai antico. Ama lui o ragazza dai capelli sottili, che col viso triste chiedi d’esser rapita per sempre.

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Come un riflesso https://vittorioerrico.it/2011/09/07/come-un-riflesso/ https://vittorioerrico.it/2011/09/07/come-un-riflesso/#respond Wed, 07 Sep 2011 19:53:00 +0000 https://blog.vittorioerrico.it/post/53459130840 Come un riflesso Come un riflesso fra i palazzi di vetro, mi pare di toccarti, ma poi scompari fra le fredde superfici. berlino novembre 2009

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Come un riflesso

Come un riflesso fra i palazzi di vetro, mi pare di toccarti, ma poi scompari fra le fredde superfici.

berlino novembre 2009

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Come da un’altra parte https://vittorioerrico.it/2011/09/01/come-da-un-altra-parte/ https://vittorioerrico.it/2011/09/01/come-da-un-altra-parte/#respond Thu, 01 Sep 2011 19:59:00 +0000 https://blog.vittorioerrico.it/post/53459540460 Come da un’altra parte Si viaggia di notte, la notte si guida meglio. Arrivo all’alba. Di la il sole sorge sul mare. La terra è rossa. Mi pare di stare da un’altra parte, mi pare di affacciarsi su un’altro continente. Gli ulivi fanno la differenza, solo loro riescono a stare qui. Credo che trent’anni fa […]

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Come da un’altra parte

Si viaggia di notte, la notte si guida meglio. Arrivo all’alba. Di la il sole sorge sul mare. La terra è rossa. Mi pare di stare da un’altra parte, mi pare di affacciarsi su un’altro continente. Gli ulivi fanno la differenza, solo loro riescono a stare qui. Credo che trent’anni fa ci stavano sempre loro, e qualcuno, forse pensava la stessa cosa. Qui la terra è rossa, come da un’altra parte.

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